Politica

I paletti del Pdl: no alle maggioranze variabili

La richiesta è un esecutivo di grande coalizione: altrimenti Pd e grillini potrebbero allearsi su temi specifici

Roma - Non è tempo di brindisi nel Pdl. La soluzione adottata da Giorgio Napolitano viene analizzata con attenzione, senza preclusioni o pregiudizi, con l'occhio vigile di chi teme che il diavolo possa nascondersi nei dettagli. La cifra delle dichiarazioni è prudente, l'inchiostro più che simpatico è scettico, l'ottimismo è bandito dalle dichiarazioni pubbliche ma anche dai ragionamenti portati avanti nelle stanze del partito.
«La politica in primo piano. Per governare o per votare», dice Maurizio Gasparri. «Non è tempo di dotti, medici e sapienti», dice prendendo in prestito il verso, come sottolinea lui stesso, «da una vecchia canzone», di Edoardo Bennato. E Fabrizio Cicchitto aggiunge: ««Solo la connessione fra un nuovo governo che abbia la fiducia e il Parlamento può mettere in movimento le commissioni parlamentari. Anche i saggi dovranno concludere i loro lavori in un tempo certamente ragionevole, ma non potranno essere prolungati in modo indefinito».
Il messaggio è chiaro: esperti e commissioni non hanno la bacchetta magica, non cambiano la sostanza dei problemi e non guariscono il Paese da questa impasse istituzionale. Per questo i vari dirigenti sono concordi nel far risuonare un monito: nessuno pensi di scavalcare il Pdl perché ogni decisione dovrà essere concordata con i gruppi parlamentari e la dimensione «politica» non potrà essere esautorata. Una sottolineatura legata alla mancata consultazione con Via dell'Umiltà riguardo ai nomi «di partito» da inserire nella lista dei saggi, considerati troppo «montiani» in alcuni settori del Pdl.
Naturalmente si «pesano» anche i fattori positivi. Ad esempio, si rileva che Valerio Onida è l'unico costituzionalista che ha contestato con chiarezza la tesi dell'ineleggibilità di Silvio Berlusconi. Si riflette sul fatto che Luciano Violante non può certo essere etichettato come un giustizialista e che con Mario Mauro i rapporti sono dati in miglioramento.
Le antenne, però, restano alzate e gli occhi aperti. Perché come spiega Angelino Alfano «nell'apertura di credito alla strada scelta dal Capo dello Stato per far uscire il Paese dallo stallo politico, bisogna precisare che l'obiettivo da raggiungere è quello di un governo espressione di un accordo pieno, politico e di legislatura tra le forze maggiori, che abbia al centro il rilancio dell'economia e la necessità di dare respiro fiscale alle famiglie e alle imprese. Se l'esplorazione avviata oggi porta verso questo esito, bene. Altrimenti la strada maestra è quella di tornare subito alle urne, senza frapporre alcun indugio».
Il timore del Pdl è che questa soluzione disinneschi la possibilità di tornare al voto in tempi brevi e spazzi via uno degli strumenti di pressione a sua disposizione. Così come non si sottovaluta la posizione della Lega, soddisfatta perché questa soluzione allontana le urne. Inoltre ci sono altri elementi che vengono messi sulla bilancia. Ad esempio il rischio di riaprire uno spazio di agibilità politica per la coalizione montiana, uscita prostrata dalle urne. La possibilità di creare maggioranze variabili che possano consentire al Pd di fare asse con i grillini su alcuni provvedimenti.
Senza dimenticare la necessità di Via dell'Umiltà di disinnescare il pericolo di essere isolati e privi di garanzie al momento della scelta del nuovo Capo dello Stato. I nodi da sciogliere, insomma, sono molti.

E la corsa dei saggi rischia di essere decisamente in salita.

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