Riecco il pentapartito da prima Repubblica

La macchina del tempo della politica è impazzita. Ci vorran giorni per metabolizzare ciò che è successo mercoledì

Riecco il pentapartito da prima Repubblica

Corto circuito. La macchina del tempo della politica è impazzita. Imbizzarrita. Capovolta. Ci vorran giorni per metabolizzare ciò che è successo mercoledì. Anzi, prima ancora, per capire che cosa è veramente accaduto. Analisti, politologi e osservatori a vario titolo sono sguinzagliati nei territori delle metafore. Fanno appello alla letteratura, alla storia, al teatro. Si è consumato il parricidio. Il tradimento di Cesare. L'emancipazione del delfino. Il 25 luglio del Duce. Ma con Mussolini che vota «a sorpresa l'ordine del giorno Grandi» (Giuliano Ferrara). Cioè la fiducia a Letta. Il quale commenta: «È un grande». Ma alza indice e medio in segno di vittoria.

Tutti giù per terra, comunque. Spiazzati dall'arrocco del Cavaliere, scacchista consumato che, di fronte all'avanzare delle truppe nemiche, si scambia di posto con la torre, la guardia reale che stava scappando. Fulminea mossa difensiva che disorienta l'avversario. E addomestica il dissenso interno, almeno una parte. Pericolo scongiurato, esultano i poteri forti. Il Quirinale. L'Europa. La Borsa. Le agenzie di rating internazionali. Persino «ambienti vaticani», sussurra qualcuno. Tutto a posto. Tutto in ordine, quasi. Si va avanti, ma è cambiato molto, moltissimo, sotto la maschera. Il governo di servizio non c'è più. E quello delle larghe intese, forse nemmeno. Intese un po' più strette. Ma più solide, forse. Letta puntellato fino al 2015, con buona pace di Renzi. Altro robusto effetto collaterale dell'inversione a U del Cav.

Che governo è il non Letta-bis? «Questa maggioranza politica coesa è diversa dalla maggioranza numerica», ha sintetizzato lui. Vero. Una maggioranza che guarda più lontano. Ma sa di vecchio. Di vecchie alleanze, vecchie formule. L'eterno ritorno della Dc? Non solo. Dei democristiani, magari sì. Si ricomincia a chiamarlo «governo Letta-Alfano». Il ticket. Ma Lupi dove lo lasciamo? E Franceschini, Quagliariello, Mauro? Ok, i democristiani contano. Centrocampo determinante. Ma non basta. Potrebbe essere un ritorno più massiccio. Più in grande stile. Ci sono anche la Bonino e Zanonato. E i tecnici Cancellieri, Saccomanni e Carrozza che ora sono un po' meno tecnici. C'è l'appoggio esterno e convinto degli ex socialisti Cicchitto e Sacconi che adesso contano di più. C'è il sostegno dei montiani: moderati, ex repubblicani, bocconiani. Nel Pd c'è quello della ex sinistra democristiana più che degli ex comunisti. Nel varietà del governo la «maggioranza politica diversa da quella numerica» somiglia a un'edizione riveduta e corretta dei vecchi pentapartiti. La Dc, sparpagliata in più sigle, al centro. E gli altri, i partitini, a gravitare come satelliti. Fuori dalla maggioranza le ali estreme, Lega, Cinque stelle, vendoliani: più marginali di prima. Condannati a un'opposizione addirittura meno influente di quella del vecchio partito comunista.

L'unica anomalia rimane Berlusconi. La sua origine politica.

E quello che ora ha il sapore di un appoggio esterno. Non sarà che, nel ritorno al futuro della politica, il passaggio all'agognata terza Repubblica coincide con un ritorno alla Prima? Altro indizio: la regia è di Giorgio Napolitano.

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