Risorge pure Bersani. E punge Renzi il retroscena »

RomaSe Marino è il classico «marziano» a Roma, e un po' «alieni» tutti gli altri sindaci vincitori, resta assodato che il Pd è un partito dell'altro mondo. Nel quale la stessa faccia dalla luna, lo stesso risultato elettorale, viene vista con ottica agli antipodi, e simmetrica prosopopea. In effetti, chi può non consentire che il voto abbia consolidato il governo di «larghe intese»? E chi se la sente di contestare che il voto esprime quindi una «spinta» per un «governo di cambiamento»?
Come sempre il rischio, in fondo, non è vantarsi del successo, ma esserne convinti. L'aria pugnace che si torna a respirare al Nazareno sembra figlia di questa rinnovata «onda lunga». Se si vince così facile, perché non schierare al più presto il cavallo di razza e chiuderla qui? È sul punto di stufare un po' anche Matteo Renzi con le sue polemiche insistite. Lo dichiara papale Walter Veltroni, «stanco di nomi: Renzi è il più adatto alla premiership, d'accordo, ma ora non potremmo discutere anche di contenuti?». Domanda retorica ma alquanto insidiosa, considerato che è proprio su quelli, che il partito s'inceppa.
Sarà dunque per l'aria «marziana» che si rianima anche l'ex segretario, più ringalluzzito che mai e sicuro del seguito che mantiene nell'apparato. E difatti l'appena nominato responsabile dell'organizzazione, il bersaniano Davide Zoggia, s'incarica di rimbeccare Renzi e i suoi sospetti: «Qui non c'è nessuno che vuol fregare nessuno: siamo tutti della stessa squadra... Tempi e regole andranno bene a tutti».
Pier Luigi Bersani, invece, approfitta della vittoria per annunci di più largo respiro. Il congresso che verrà non sarà un pranzo di gala. «Combatterò strenuamente - dice - per evitare che il Pd scivoli su un modello personalistico. Non si può scimmiottare chi fa il pifferaio e parla solo in base ai sondaggi...». Emulo piuttosto di Grillo, Bersani sembra evocare la saga di Highlander quando ricorda che è rimasto un partito solo, dalla Val d'Aosta alla Sicilia: il Pd. E i suoi calcoli risentono non poco dell'indigesto piattino delle Politiche («Una rivincita? No - dice - non ho questioni personali. Io ci credo»).
Il centrosinistra, ricorda Bersani, non ha vinto le elezioni «per cinque punti, e ora quei cinque punti hanno lasciato i grillini: metà sono entrati nell'astensionismo, ma l'altra metà è venuta da noi». L'ex leader dunque pensa che tra qualche mese il Pd sia rattoppato per la pugna. Nel frattempo, guai a cambiare la cocciuta prospettiva che tanto gli nocque, per quanto appaia un po' biforcuta.

«Dobbiamo dare una mano e sostenere lealmente l'esecutivo, e tenere viva nel contempo la prospettiva di un governo di cambiamento. Non sono cose incompatibili, la gente ha capito la nostra posizione e che nella nostra testa questo non è il migliore dei mondi possibili». Meglio Marte, effettivamente.

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