Roma C'era anche Gianni Letta (con famiglia) ad ascoltare l'infiammata requisitoria del redivivo Giulio Tremonti contro il governo tecnico. Una bocciatura su tutta la linea, dalla riforma delle pensioni «sbagliata» in cui «il costo degli esodati è maggiore del risparmio ottenuto» alla crescita che «non c'è» fino all'accusa di aver creato proprio lui, il professor Monti, con i suoi provvedimenti economici di cui non salverebbe nulla, la rivolta sociale che ingrassa i sondaggi di Beppe Grillo e dell'anti politica: «Tutto il voto di astensione e di protesta nasce come reazione al governo tecnico».
Sala piena, domenica sera all'Alexander Girardi Hall di Cortina d'Ampezzo, villeggianti e mondanità varia accorsi ad ascoltare l'ex potente ministro dell'Economia che presentava la sua ultima fatica letteraria, Uscita di sicurezza. Al termine, Tremonti è sceso dal palco ed è andato ad abbracciare l'ex collega di governo: «Hai sentito? Sugli ultimi mesi di governo ho detto la verità, ma in modo diplomatico...». E Letta, ironico: «Lo ammetto, molto diplomatico». Tra i due si è infilata una signora entusiasta, per stringere la mano di Tremonti: «Professore, lei deve fondare un partito!», si è raccomandata. Mentre lui andava in solluchero, Letta sornione è intervenuto: «Non si preoccupi, signora, lo sta già facendo». Risatine in sala, sorriso da sfinge dell'ex ministro.
Il siparietto di Cortina ridà smalto al tormentone: che fa Tremonti? Perché qualcosa, questo è certo, l'ex titolare dell'Economia vorrebbe proprio farla. «Ho passato il Rubicone», rispose sibillino a luglio a chi gli chiedeva se stesse pensando di scendere in pista con una propria lista alle prossime elezioni, «ma le piante nascono dal basso». E aggiunse: «Ho delle idee, voglio passare l'estate a vedere come metterle in pratica». E questo starebbe facendo, assicurano i ben informati, mentre si gode la vacanza nella sua baita di Lorenzago, dove legge, scrive e telefona molto. «Attenti perché Tremonti vuole sul serio tornare alla ribalta, sta prendendo contatti, selezionando interlocutori e costruendo reti», si è sentito dire proprio ieri, da un amico, un dirigente parlamentare del Pdl. Dalle gerarchie ecclesiastiche (a giugno è stato invitato in Polonia per partecipare con una lectio magistralis, insieme al cardinal Bertone, ad un convegno ecclesiale su economia ed etica), al mondo di Comunione e liberazione in crisi, fino agli ex prodiani: Gianni Pecci, ex direttore di Nomisma e organizzatore nel '96 della campagna elettorale di Prodi, sarebbe stato arruolato dall'ex ministro, il quale è stato anche avvistato al ristorante, a Milano, con Angelo Rovati, già braccio destro del premier ulivista. Nelle file Pdl, però, abbondano più gli scettici che quelli seriamente preoccupati da una concorrenza elettorale tremontiana: «Farsi un partito è un'idea che piace a tanti, ma poi bisogna riuscirci: ci vuole capacità organizzativa e molti milioni di euro. Tremonti ce li ha?» fanno notare.
Di amici, nel partito di Berlusconi, Tremonti ne ha sempre avuti pochini. Nella Lega il suo fido alleato Bossi è piuttosto fuori dai giochi, e Maroni ha già respinto mesi fa le avance di Giulio: «Bossi voleva farlo entrare nella Lega, ma io dissi di no», ha rivelato l'attuale segretario del Carroccio. Anche se, due giorni fa, lo stesso Maroni ha mandato un segnale che è stato letto come amichevole dall'ex ministro dell'Economia: criticando l'intervista a Repubblica di Grilli, ha chiosato: «Fa rimpiangere Tremonti». Un po' poco per far parlare di ritorno di fiamma, però, anche se a Tremonti non può che far piacere la bocciatura del suo successore.
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