La road map del Cavaliere: sono pronto, così resisterò

Berlusconi combattivo: "Vogliono distruggermi ma non lo permetterò". La linea d'azione decisa dopo un summit ad Arcore coi vertici del partito

La road map del Cavaliere: sono pronto, così resisterò

Summit di guerra ad Arcore: «Sarà resistenza ad oltranza». Berlusconi raduna a villa San Martino lo stato maggiore del partito. Presenti Alfano, Brunetta, Capezzone, Verdini, Gelmini, Santanchè e Brambilla. Attorno al tavolo, a dispetto delle continue diatribe interne, sia i falchi sia le colombe. Distinzione ornitologica che non piace a Berlusconi che ai suoi predica sempre l'analogo refrain: «Dobbiamo stare uniti». Uniti nella battaglia finale.

«Resistenza» è la sintesi dell'incontro durato tutta la giornata in cui s'è disegnata la road map delle prossime mosse. Tutte all'insegna del «non cederemo mai». Ergo, esclusa l'ipotesi della grazia e a maggior ragione quella delle dimissioni spontanee. Si combatterà. E Letta vacilla. Se il Pd dovesse ammazzare Berlusconi sulla decadenza, tutti, ministri inclusi, sarebbero a fianco del Cavaliere.

Per quanto riguarda la decadenza di cui inizierà a occuparsi la giunta del Senato i primi di settembre, si discute delle diverse strade da intraprendere. Una: far intervenire la Corte costituzionale per sciogliere i molti nodi che riguardano la legge Severino. Troppi i punti controversi sull'applicabilità del decreto che potrebbe cacciare Berlusconi fuori dal Parlamento. Ma la questione è di sostanza: «Anche molti giuristi di sinistra ammettono che ci sono profili di incostituzionalità», dice Berlusconi. Che poi chiama in causa Letta: «Il nodo però è prettamente politico. Il premier si faccia carico della questione con il suo partito». E ancora: «Mi vogliono distruggere definitivamente ma non lo permetterò», dice combattivo. L'opzione di domandare un atto di clemenza non dà alcuna garanzia rispetto alle altre inchieste; inoltre, la formale richiesta al Colle con l'implicita ammissione di colpa, Berlusconi la considera «lunare». Specie dopo lo scoop del Giornale che accerta quanto sia imparziale il giudice Antonio Esposito che ha condannato il Cavaliere in via definitiva. Berlusconi, che non nasconde la contentezza per aver dimostrato di che pasta sia fatta la toga, allarga le braccia: «E io dovrei ammettere colpe che non ho perché lo ha deciso uno così?» è il senso della sua doglianza con gli uomini a lui più vicini.

Il governo torna a traballare clamorosamente. La pancia lo spinge il Cavaliere a far saltare il banco perché, questo il suo ragionamento, «io mi sono sempre dimostrato responsabile mentre i miei avversari lavorano soltanto per farmi fuori definitivamente». Tra i berlusconiani c'è la convinzione di poter addossare l'intera colpa della fine delle larghe intese ai piddini e a Napolitano. «Saranno loro a far cadere l'esecutivo con il loro voto sulla decadenza. E la responsabilità di aver portato il Paese nel caos sarà del Pd e di Napolitano».

La pensano tutti allo stesso modo: sarà battaglia finale. Divisioni poche. Anche se restano le sfumature. La principale è quella delle colombe all'Alfano. «Se cade il governo, Napolitano ha già detto che non scioglie le Camere.

Piuttosto dà vita a un governo di scopo per fare una legge elettorale che ci distrugge definitivamente o per varare provvedimenti che distruggerebbero le aziende» è il senso del loro ragionamento. Per non parlare delle aziende. Ma vince la linea intransigente. A dimostrazione di ciò, l'epilogo dell'incontro è tutto dedicato a come riorganizzare al meglio il partito per l'armageddon finale.

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