Roma faceva il tifo per uno yankee: "L'americano avrebbe portato novità"

La gente nelle trattorie, i tassisti, i negozianti: "Il frate O'Malley di Boston era l'uomo giusto"

Roma faceva il tifo per uno yankee: "L'americano avrebbe portato novità"

Città del VaticanoDopo er tedesco, da 'ste parti 'riva sempre 'n amerecano.Ce vole 'na ventata de novità, un po' de cambiamento. Stiamo così smorti... È la filosofia delle borgate romane, magistero del pensiero cinico della città eterna. Ed è la filosofia dei corsi e ricorsi storici. È americano. Più precisamente sudamericano. C'è un pizzico di delusione. La Roma papalina preferiva uno yankee. L'americano che viene a salvarci, a portare la modernità. La battutaccia circola pure nei vicoli dietro il colonnato del Bernini. A ridosso del Vaticano, zero preoccupazioni moralistiche. Vista dai sacri palazzi è una battutaccia cinica e un filo irrispettosa verso Benedetto XVI, pontefice accolto con diffidenza perché ritenuto un rigido conservatore. Poi si sa com'è andata. «Otto anni fa da tutta Roma la gente arrivava di corsa con il traffico bloccato», ha ricordato ieri padre Federico Lombardi con il suo tono paterno. «Tutti qui amano il Papa e lo accoglieranno da qualunque parte provenga». Oltre che pastore della Chiesa universale, il Pontefice è anche vescovo di Roma. E dunque, quello che arriva si prende, dice la vulgata. Ma le preferenze ci stanno, eccome. E c'è anche il fiuto della Roma papalina descritta alla grande nei film di Luigi Magni con Manfredi nei panni dello scafatissimo giudice della Sacra Consulta di fine Ottocento. Insomma, qui piace il Papa americano. Potrebbe essere la sua ora per dare una svolta. Per ripartire. Uscendo dagli intrighi curiali di quel monsignor Colombo di Priverno, quasi un antesignano di certe eminenze sfiorate dagli scandali di Vatileaks e del soldo e del sesso malato. Potrebbe. La Chiesa ha bisogno di una rinascita, di rigenerarsi. Il Papa frate sarebbe l'uomo giusto. «Vorrei quello di Boston», confida un genitore sulla cinquantina mentre aspetta che si apra la finestra centrale della basilica. Vota per lui la Roma delle trattorie, dei negozianti e dei tassisti. Il saio, la povertà, e il senso di pulizia che trasemtte fanno presa. Al ristorante Il Passetto di Borgo, frequentato dai cardinali durante le congregazioni e ora da molti vaticanisti c'è una foto con dedica del cardinale di Washington Donald Wuerl. «Anch'io sono convinto che sia l'ora del papa americano», confida il ristorare che ai suoi tavoli ha visto anche Sean O'Malley, il cappuccino di Boston e Marc Ouellet, canadese del Quebec. «Bisogna venire incontro ai cambiamenti del mondo. Se fanno un italiano restiamo ingessati nelle cose della curia».

Ma lei vuole un americano per la nazionalità o ha in mente uno preciso? «Ci vuole il frate, uno pulito. Ha venduto il palazzo della curia per risarcire i poveracci degli abusi sessuali, quelle cose lì. È uno molto diretto». Lo sarà anche papa Francesco I, americano del sud?

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