Ruby smonta le accuse «Mai fatto sesso col Cav e niente soldi in regalo»

La giovane marocchina al processo Mora-Minetti ribalta il teorema Boccassini. Berlusconi ascoltato dai pm di Bari

Ruby smonta le accuse «Mai fatto sesso col Cav e niente soldi in regalo»

Milano - Adesso è chiaro perché Ilda Boccassini aveva rinunciato a interrogarla nell'aula del processo a Silvio Berlusconi. Perché Karima el Mahroug nelle sei ore (pause comprese) che dura il suo interrogatorio, conferma di essere esattamente quel che la Procura temeva che fosse: un «teste ostile». Teste ostile perché - in aula, sotto giuramento - fornisce una versione dei fatti di Arcore che va esattamente nella direzione opposta a quel che i pubblici ministeri vorrebbero, sfilando i mattoni che stanno alla base del castello d'accuse contro Silvio Berlusconi. Certo, è possibile che Ruby menta: quando nega di avere fatto sesso con Berlusconi, nega di avere assistito ad Arcore a scene bollenti - il massimo della pruderie, una Minetti in mutande - e nega di avere ricevuto da Berlusconi milioni di euro. Ma che menta andrà dimostrato.
Per intanto, la ventenne resiste ferrigna alle contestazioni. Ecco perché la Boccassini non la voleva in aula: né nel processo a Berlusconi, né in questo processo parallelo ai tre amici (la Minetti, Emilio Fede e Lele Mora) accusati di avere arruolato le ragazze. Ma il giudice Anna Gatto, almeno lei, ha ritenuto che un processo in cui la versione della presunta vittima non ha diritto di cittadinanza non sia un processo. Ed è così che alle undici, nerovestita e con la gonna due dita sopra il dress code delle aule di giustizia, Ruby si presenta, giura, e inizia a rispondere.
Non le risparmiano niente, delle domande che una signora in genere non ama sentirsi rivolgere. Ma d'altronde è stata lei un mese fa a pretendere pubblicamente di venire interrogata e di poter dire la sua. Ha fatto la prostituta? No. Ha avuto rapporti sessuali con Berlusconi? No. Della prima sera ad Arcore dà una versione soft. Della seconda, quando poi si fermò a dormire («da sola», sottolinea) offre qualche dettaglio più piccante: «Le ragazze si vestivano da infermiera sexy o da dottoressa, la Nicole Minetti si era vestita da suora». Il giudice: «Suora come l'infermiera sexy o con la palandrana lunga?»; «con questo affare lungo che mentre ballava alzava per fare vedere le gambe. La Marystelle si vestiva da Obama e da un'altra che io non sapevo chi era, l'ho saputo dopo che si chiama Ilda Boccassini. Facevano dei balletti ballando con questo palo, balli sensuali con le canzoni di Apicella, la Minetti sollevava questo vestito da suora, poi se l'è tolto ed era rimasta in biancheria intima». Ma quando il giudice le chiede: «C'erano contatti fisici tra il presidente e le ragazze?», risponde senza incertezze: «Le ragazze travestite si avvicinavano a lui con modo sensuale e ammiccante, facevano questi balletti, ma non ho mai visto contatti», domanda: «Neanche sedersi in braccio, carezzarsi, darsi un bacio?», «No».
Siamo distanti dalla versione ufficiale delle «cene eleganti». Ma siamo anche lontani dai confini del codice penale. Così per il pm Antonio Sangermano, quando affronta Ruby nel controesame, diventa essenziale dimostrare che la ragazza ieri mente: e che invece diceva la verità nel mare di chiacchiere intercettate durante l'indagine, quando parlando di Berlusconi diceva cose tipo «Noemi è la pupilla e io sono il culo», o quando raccontava in giro dei milioni che le erano stati promessi per stare zitta. «Lo facevo per vantarmi con gli amici - dice ieri Ruby - dicevo che mi aveva promesso quattro milioni, cinque milioni, sei milioni. Dicevo che mi aveva telefonato e mi aveva detto di essere innamorato di me. Ma non era vero niente, inventavo tutto». Il giudice la guarda, incredula. E lei: «Lo so che non sembra una cosa normale. Ma a quei tempi neanche io ero normale».
Il problema per la Procura è: come dimostrare che Ruby mente adesso, sotto giuramento, e invece diceva la verità allora, durante le indagini, sotto intercettazione? A rendere arduo il compito dei pm c'è il fatto incontrovertibile che alcune affermazioni del 2010, registrate durante l'inchiesta, erano balle spaziali, smentite dagli stessi tabulati telefonici: come quando diceva di avere incontrato Pier Silvio Berlusconi.

E dunque: se oggi Ruby è una «teste ostile», cui preme solo salvare il suo benefattore, come trasformare in prova le intercettazioni, separando il grano della verità dal loglio delle chiacchiere?
Ieri intanto Berlusconi è stato ascoltato come indagato a Bari - sui richiesta dei suoi legali - nell'inchiesta penale che coinvolge Tarantini e Lavitola.

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