Roma - La consegna del silenzio l’ha rotta solo Fausto Raciti, che in quanto capo dei giovani del Pd ha il diritto di essere un po’ impulsivo. E può fare quel che Bersani (e con lui tanti altri) non possono permettersi: mandare a quel paese Eugenio Scalfari. «A che titolo un giornalista, per quanto autorevole, si sente autorizzato a giudicare cosa è coerente o no con la linea del Pd?», chiede polemico Raciti.
Stavolta il Fondatore ha veramente esagerato, pensano al Nazareno: non solo intima a Bersani di cacciare i «guastatori» (alias quel drappello di dalemiani della segreteria, Fassina in testa, che vorrebbero staccare la spina al governo Monti), ma gli risbatte in testa il caso Penati. Sul quale, rinfaccia, il Pd ha steso «una coltre di silenzio», invece di «espellerlo dai propri ranghi». Per non parlare, aggiunge Scalfari, dell’«ignobile pateracchio» combinato da Pd e Pdl sulle nomine, e difeso in maniera «stupefacente» dall’Unità, organo bersaniano, che «teorizza il criterio della supremazia partitocratica». Tutto questo, conclude il vate di Repubblica, configura una nuova «questione morale».
Per una singolare coincidenza, Scalfari agita la suddetta «questione morale» contro il Pd proprio nel giorno in cui Bersani approfitta del ventottesimo anniversario della morte di Berlinguer per rievocarne l’eredità politica: «Nel tempo in cui il Paese è chiamato a una riscossa civica e morale - dice il segretario - Berlinguer rappresenta un riferimento importante, da non dimenticare». Un po’ comunista, certo, anzi un po’ tanto, ma come spiegava ieri l’Unità «un comunista italiano», e quindi molto «diverso» da quelli cattivi. E che rappresenta dunque un pezzo di identità di cui il Pd bersaniano vorrebbe riappropriarsi.
E in fondo è stato lo stesso Scalfari a spiegare, qualche giorno fa, che il Pd dovrebbe aprire al famoso «partito di Repubblica» (che già prepara la propria festa per il 15 giugno, nel tentativo non solo di darsi un profilo concretamente politico ma anche di fare un po’ di marketing, per recuperare copie in calo e appeal tra i giovani). Il Pd, incita Scalfari, recuperi la «felice intuizione» di Berlinguer che inventò gli «indipendenti di sinistra»: intellettuali fiancheggiatori cui gentilmente il Pci «garantiva l’elezione». Solo che stavolta, e nel Pd lo sanno e per questo molti lo osteggiano, il gioco rischia di essere a parti invertite, con la «lista Rep» a dettare la linea al “partitone”. «L’idea di Scalfari è che noi facciamo la bad company inzeppata di vecchi arnesi della politica, e loro il nuovo che avanza», spiegano gli anti-Rep. Bersani ha già avuto alcuni abboccamenti con Ezio Mauro, dando un ok di massima alla lista apparentata, ma vuole evitare che gli vengano soffiati i pezzi forti. Per questo lavora sodo per attirare al Pd un giovane ministro emergente dalle ottime performance tv come Fabrizio Barca: uno che nel filone «Berlinguer ti voglio bene» si inserirebbe a perfezione, pur essendo un volto nuovo. Qualcuno ipotizza addirittura un ticket col segretario. E per questo ha lanciato le primarie che - se riuscirà a spuntare da Alfano il via libera ad una riformetta del Porcellum, eliminando il vincolo di coalizione - finiranno per essere primarie di partito, Bersani versus Renzi.
Scalfari fa il leader Pd e silura Bersani
Dal voto anticipato al caso Penati, il fondatore di Repubblica rottama Pier Luigi. Gelo dal partito, i giovani protestano
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