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La scelta dei servizi sociali per restare leader politico

Il pool difensivo di Berlusconi consulta un esperto di affidamento in prova. Già arrivate molte offerte dalle Onlus. Unico vincolo l'orario: rincasare entro le 20 e uscire dopo le 7-8

La scelta dei servizi sociali per restare leader politico

Roma - Mentre il Senato litiga sulla decadenza del senatore Berlusconi, la data dell'esecuzione (penale) del condannato Berlusconi si avvicina inesorabile. I difensori del Cavaliere hanno chiesto una consulenza ad un avvocato di Milano, esperto di affidamento in prova ai servizi sociali, per mettere a punto l'eventuale richiesta al Tribunale di Milano. Per decidere tra la «rieducazione» di Berlusconi e la detenzione domiciliare c'è tempo fino al 15 ottobre, ma le valutazioni, anche dentro il pool difensivo, sono discordanti. La via dei servizi sociali è considerata più umiliante («Non accetto di essere trattato come un criminale da rieducare» ha detto lo stesso Berlusconi), ma presenta dei vantaggi. Intanto un margine di libertà più ampio rispetto ai domiciliari, che comportano la permanenza a casa, a meno di diverse prescrizioni del magistrato di sorveglianza (qualche ora al mattino, uno spostamento fuori città purché motivato). Se Berlusconi optasse per i servizi sociali, e il Tribunale di Milano accogliesse la richiesta, avrebbe invece solo due vincoli orari: rientrare a casa entro le 22 e uscire dopo le 7-8. Per il resto sarebbe libero di uscire, incontrare persone, lavorare, ovviamente prestando il suo servizio a qualche onlus o associazione o istituto, come prevede appunto l'«affidamento in prova ai servizi sociali».
Tutto ciò se si guarda alle consuetudine, poi è il magistrato che predispone il piano rieducativo per il condannato, con le prescrizioni adeguate al caso singolo, in questo caso molto peculiare, un condannato che è nel frattempo leader politico, magari in campagna elettorale (Amministrative ed Europee, primavera 2014). E qui si capisce l'altro vantaggio dell'affidamento ai servizi, il contatto con l'esterno. «Quando uscirà da Palazzo Grazioli troverà i giornalisti, e poi la sua gente... insomma potrà continuare a fare il leader - ragiona un falco Pdl - mentre ai domiciliari sarebbe un recluso...». Un detenuto ai domiciliari può ricevere solo i famigliari, salvo diverse disposizioni, mentre una volta fuori, ai «servizi sociali», Berlusconi potrebbe incontrare chi vuole.
A chi verrebbe «affidato» Berlusconi? L'iter prevede che sia la difesa a prospettare una struttura di cui ha verificato la disponibilità, e poi sta al Tribunale accettare e disporre il piano rieducativo. Ma il giudice potrebbe limitare l'attività politica di Berlusconi, prescrivendo ad esempio che non possa parlare in tv, o che debba circoscrivere i contatti politici? «Sarebbe una forzatura - spiega l'avvocato Massimo Teti, esperto di esecuzione penale - L'affidamento ai servizi sociali deve tendere, per sua natura, alla rieducazione. Parafrasando una sentenza della Corte Costituzionale, è come la cura di una malattia. In questo caso si tratta di reato societario (frode fiscale, ndr) e non commesso in ambito politico. Se dunque bisogna rieducare il condannato e prevenire la reiterazione del reato, non avrebbero senso prescrizioni che limitino l'agibilità politica».
C'è un altro vantaggio dell'affidamento. Mentre i domiciliari si concludono con la semplice estinzione, il periodo ai servizi sociali termina con un giudizio positivo del magistrato sul buon esito del servizio. Un «attestato» spendibile per eventuali sconti, nel caso si abbiano altri processi. Il caso di Berlusconi (Ruby innanzitutto).
Poi ci sono gli svantaggi. L'umiliazione di essere «rieducato», come succede a spacciatori e rapinatori. Il fatto poi che la vita di Berlusconi sarebbe sottoposta al controllo dei funzionari dell'Uepe, l'ufficio ministeriale per l'esecuzione pene esterne. Dovrebbe incontrarli periodicamente, rispondere alle loro domande, tese a capire se si sta comportando bene oppure no... Una condizione difficile da accettare per uno con la storia di Berlusconi. Certo, associazioni e onlus pronte ad accoglierlo non mancano. Alle molte, si aggiungono anche i Radicali, con l'ex segretaria Rita Bernardini che si unisce a Pannella e dice: «Invece di subire la gogna della giunta, Berlusconi si dimetta, come fece Tortora.

Noi lo accoglieremmo nella nostra associazione “Non c'è pace senza giustizia”».

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