Lo scisma Santoro-Repubblica sigla finale dell'epoca anti Cav

Si consuma la separazione tra la linea benpensante della sinistra e quella popolare di Servizio pubblico. Michele scomunicato dai suoi dopo avere ospitato il nemico

Lo scisma Santoro-Repubblica sigla finale dell'epoca anti Cav

In realtà, Michele Santoro e la Repubblica non si sono mai amati. È vero, sono due partiti dello stesso schieramento, due confessioni della religione dell'antiberlusconismo. Ma l'hanno sempre vissuta in modo diverso. Anche Beppe Grillo, per dire, è antiberlusconiano praticante. Ma lui è sempre stato amico di Michelone.
Eppure. Quello che si è compiuto nel breve arco di una settimana, dalla serata del duello nel saloon alla requisitoria dell'altra sera in cui lo sciamano di Servizio Pubblico ha regolato i conti finali (3 milioni e mezzo di spettatori), è qualcosa di storico. Si era scritto che il confronto tra il leader carismatico indiscusso di questo ventennio politico e il suo più implacabile oppositore sarebbe stato il sipario sulla Seconda Repubblica in attesa della Terza (che forse sarà un ritorno alla Prima). Così è stato e si vedono i primi contraccolpi. Il declino di un'epoca lascia sul campo macerie e corpi tramortiti.
L'altra sera, durante l'anteprima di Servizio Pubblico, si è consumato lo scisma dell'antiberlusconismo. La separazione definitiva tra la linea borghese della sinistra anti Cav e quella popolare e viscerale di Servizio Pubblico e del Fatto quotidiano. Ospitando il nemico, il conduttore si era collocato fuori dall'ortodossia. Ancora in piena trasmissione aveva cominciato Sabina Guzzanti, amica storica, twittando: «Servizio Pubblico non mi avete convinto: non voterò Berlusconi». Il giorno dopo Antonio Ingroia, altro amico e altro talebano dell'antiberlusconismo, aveva dichiarato: «Vedo sempre Servizio Pubblico, ma questa volta ho deciso di non vederlo».
Da lì si sono susseguiti gli attacchi delle grandi firme repubblicones. Maltese, Merlo, Scalfari: tutta gente ben consapevole che viviamo nella «società dello spettacolo» e che «la politica è spettacolo». Ma con Berlusconi no, non si fa. E sono scattate le scomuniche.
La religione ha profeti e custodi dell'ortodossia. Nella requisitoria dello scisma Santoro li ha nominati tutti. Beppe Grillo è «il generale Pound diventato Gesù» senza mai esser «stato San Francesco». Grillo detesta e diserta la tv ma sclera se Santoro fa il colpo della sua carriera di giornalista. Saviano finalmente potrà accorgersi della «macchina del fango di sinistra». È lo stesso Saviano che ieri, suggerendo di lasciare Berlusconi «senza platea», ha precisato che però, bontà sua, non sarà «mai per la censura». «Il generale Bersani», per il quale «dovevamo dire di no a Berlusconi, così certificavamo che non siamo giornalisti né servizio pubblico, ma addetti stampa di un altro B». Con perfetto sincronismo, proprio ieri Curzio Maltese ha vergato un'articolessa per esortare il Pd a «uscire dall'ombra, farsi venire qualche idea nuova e imprimere una svolta alla campagna» per riprendere il centro della scena. Poi è toccato ai santuari dell'antiberlusconismo riflessivo, da Che tempo che fa ai sondaggisti, dall'Unità al Corriere della Sera.
Declina la Seconda Repubblica.

Manca ancora più di un mese prima di votare per dare una struttura credibile alla nascita della Terza. Ma il primo regolamento di conti ha già lasciato a terra i «fanti di sinistra». Defezioni anche nella truppa di Michelone, abbandonato da Luisella Costamagna. Gode invece La7: il buon giornalismo paga.

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