Lo scontro in Parlamento Il nodo della decadenza

RomaPietro Grasso piazza un altro fendente contro una delle regole auree del regime parlamentare: lo scrutinio segreto in caso di votazioni sul destino delle persone. L'entrata a gamba tesa del presidente del Senato arriva dagli Stati Uniti, a margine del suo viaggio ufficiale a Washington. Una frase che fa scatenare l'ira del Pdl. «Se il voto sarà segreto - azzarda il numero uno di Palazzo Madama - bisognerà vedere se sarà davvero un voto di coscienza o se dipenderà piuttosto da interessi diversi». Per poi aggiungere: «Se invece il voto sarà palese, tutto sarà più chiaro».
La scintilla appicca un inevitabile incendio. «Le dichiarazioni di Grasso sul voto segreto o palese - è la replica di Brunetta - non sono da presidente del Senato, ma da uomo di parte, anzi di fazione. Ritenere che i senatori col voto segreto possano rispondere a interessi diversi dalla coscienza è una insinuazione gravissima». Le parole di Grasso contraddicono il «suo ruolo di garante della dignità dei parlamentari». Il tutto corredato da una citazione di una frase di Giovanni Falcone: «Il sospetto è l'anticamera della calunnia». Schifani concentra il suo attacco sugli aspetti procedurali. «È molto grave che Grasso ipotizzi il voto palese sulla decadenza, essendo il Regolamento sul punto chiaro e inequivocabile. Un'eventuale interpretazione diversa in Giunta per il Regolamento, a colpi di maggioranza, sarebbe inaccettabile. Ci auguriamo che si sia trattato di un malaugurato fraintendimento. Un chiarimento sarebbe quantomeno opportuno». Per Fabrizio Cicchitto «Grasso dimentica di essere presidente del Senato e si qualifica solo come uomo di parte. Si tratta di forzature non solo inaccettabili, ma anche di una irrazionale ricerca della rissa». Molto diretto il commento di Elvira Savino: «Il Pd ci sta prendendo per fessi e purtroppo con indiscutibile successo».
Grasso prova a temporeggiare e fa sapere che della questione si occuperà al suo ritorno dagli Stati Uniti. E intanto ci si chiede se l'eventuale voto favorevole alla decadenza sarà decisivo per le sorti del governo. Equazione tutt'altro che scontata visto che dopo Gaetano Quagliariello anche Maurizio Lupi, parlando ad Avvenire, nega ripercussioni. «La crisi di governo è una pagina chiusa, archiviata. Tre settimane fa si è votata una fiducia al governo Letta e con quel voto si è preso un impegno chiaro: lavorare fino al marzo 2015. Solo in quel momento tireremo le somme». Una posizione non condivisa da Mariastella Gelmini: «Rispetto l'opinione di Lupi ma non la condivido.

Espellere dal Parlamento una rappresentanza politica e con lui milioni di italiani che hanno votato Berlusconi senza nemmeno un ricorso alla corte Costituzionale o alla Corte europea sulla legittimità costituzionale della legge Severino sarebbe un fatto gravissimo e lacerante per i rapporti interni alla maggioranza».

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