RomaAntonio Esposito non si presenta al Csm e il processo disciplinare slitta al 3 luglio. È ricoverato in ospedale, con una prognosi di tre giorni per essere sottoposto ad intervento chirurgico, il magistrato che presiedeva ad agosto il collegio in Cassazione che decise la condanna Silvio Berlusconi per frode fiscale.
A leggere agli altri il certificato medico di Esposito è il vicepresidente Michele Vietti. Lo ha portato a mano di primo mattino a palazzo de' Marescialli la figlia e la lettera è del suo difensore, l'ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo.
La missiva arrivata all'ultimo momento parla di «impedimento assoluto» a partecipare all'appuntamento perché Esposito si trova in una clinica romana.
Il giudice si sottrae così alla prima udienza davanti alla sezione disciplinare, spiazzando tutti. È finito nei guai per l'intervista al Mattino, concessa subito dopo la sentenza e prima del deposito delle motivazioni.
L'accusa è di aver violato il dovere di riserbo e di correttezza, anche nei confronti degli altri membri del collegio, rendendo di dominio pubblico i ragionamenti fatti nel segreto della camera di consiglio. E questo, dice il capo d'imputazione formulato dal procuratore generale della Cassazione, con «considerazioni e notazioni di carattere generale intorno ai temi del giudizio», soprattutto «con riferimento alla posizione di uno dei ricorrenti, il senatore Berlusconi, prima della stesura e del deposito della motivazione della sentenza».
«Berlusconi condannato perché sapeva, non perché non poteva non sapere», titolava il giornale napoletano, scatenando aspre polemiche. Esposito cercò parzialmente di smentire, accusando il quotidiano di aver manipolato il testo. Ma il Mattino diffuse la registrazione dell'intervista.
Il vicepresidente Michele Vietti, a capo della sezione disciplinare, ieri non ha potuto far altro che rinviare, prendendo atto della documentazione e non essendoci obiezioni da parte del rappresentante dell'accusa, il sostituto Pg della Cassazione Ignazio Juan Patrone.
Tutto questo quando nel palazzo di piazza Indipendenza ancora sono freschi i malumori e le divisioni legate alla conclusione (temporanea) in plenum del caso dello scontro tra le toghe di Milano.
Solo ieri si è appreso che non è consultabile la lettera di Giorgio Napolitano, che presiede al Csm, in difesa della posizione del procuratore Edmondo Bruti Liberati, accusato di irregolarità con un esposto dall'aggiunto Alfredo Robledo.
Vietti ne aveva parlato prima del plenum solo ad alcuni consiglieri ed altri avevano chiesto invano di leggerla. Dopo le polemiche su quella che è apparsa una pesante pressione, che ha inevitabilmente condizionato le decisioni dell'assemblea portando all'archiviazione dell'esposto, il numero due di Palazzo de' Marescialli precisa in un'intervista: «Ha vinto la procura di Milano, che esce dalla vicenda rafforzata nella sua autorevolezza e senza che l'accaduto abbia scalfito l'efficacia della sua azione». Vietti, insomma, fa scudo a Napolitano che si è attirato molte critiche dentro e fuori dal Consiglio. «Il presidente - dice - sta al Quirinale, e da lì sapientemente esercita le funzioni di presidente del Csm con la prudenza e la determinazione che da sempre contraddistinguono il suo operato».
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