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Se la Consulta "abbatte" il vetro divisorio del 41bis. "Serve un contatto fisico"

La sentenza della Corte per mettere insieme sicurezza e diritti dei detenuti

Se la Consulta "abbatte" il vetro divisorio del 41bis. "Serve un contatto fisico"

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Le mani. Le mani accarezzano. Ma nascondono anche bigliettini. I pizzini: messaggi che possono contenere pillole di strategie mafiose. Portate fin dentro il carcere da bambini innocenti e destinate a boss di prima grandezza, tutti al 41 bis. I padri criminali e i loro figli senza colpa. C'era un vetro a dividerli, ma ora la Consulta lo butta giù. Anche se non del tutto. Quella barriera trasparente può essere abbassata o, peggio, eliminata del tutto. E sostituita con altri strumenti di controllo meno invasivi, come le telecamere. È una sentenza che tenta di tenere insieme il diavolo e l'acquasanta quella della Corte costituzionale, sollecitata da un giudice di sorveglianza di Spoleto. Il magistrato voleva sapere come regolarsi nel sempre difficile equilibrio fra diverse, anzi opposte esigenze: l'affettività dei minori e la tutela della collettività. Insomma, il diritto alla difesa sociale. Il 41 bis sigilla i rapporti fra chi è dentro e chi è fuori. Anche il faccia a faccia con un bambino deve avvenire seguendo un rigido protocollo. Ora si cambia, almeno quando è l'infanzia a farsi avanti: «Rilievo essenziale - scrive la Consulta - assume l'interesse della persona detenuta a mantenere un contatto fisico con i familiari». L'affetto, per un bambino che non abbia ancora compiuto i 12 anni, può anche essere il dito del papà che sfiora il suo ditino. La domanda è scontata: si può comporre un quadro così articolato? La Consulta dice di sì. La norma in questione non è incostituzionale ma dev'essere letta e adattata alle singole situazioni con un'interpretazione «costituzionalmente orientata»: non è scritto da nessuna parte che ci debba essere una barriera trasparente alta fino al soffitto. «È indubbio - scrive la Corte - che nell'esperienza concreta lo strumento del vetro divisorio a tutt'altezza - impedendo ogni contatto fisico fra gli interlocutori - si rivela quello più efficace per impedire il passaggio di oggetti». Ma il punto è proprio quello: evitare che un'informazione scivoli nel palmo del padrino. Un obiettivo che si può perseguire in modo, come dire, flessibile. Per esempio, dimezzando il vetro o installando telecamere sempre puntate sulle mani. «Se si legge con attenzione il testo - spiega Valerio de Gioia, magistrato al tribunale di Roma e autore di un commento per la rivista N Jus - si capisce anzi che il divieto assoluto non c'è mai stato e la norma è stata intesa nel modo più rigido senza fondamenta. Ora la Consulta lascia il boccino ai giudici, alla loro sensibilità e discrezionalità». Insomma, il muro è caduto, anzi per la Corte - almeno per gli under 12 - non c'è mai stato. E adesso le salette per i meeting con i familiari dovranno essere risistemate, tenendo conto di questo verdetto che sposa la linea «umanitaria». Più morbida. Il rischio, naturalmente, è quello di uno smantellamento o forse del ridimensionamento di un istituto che per la grande criminalità è sempre stato un tormento. Un incubo, da scacciare con qualunque mezzo. Ora si la partita si giocherà sul filo dei centimetri.

Ma la civiltà di un paese si vede anche in questi dettagli.

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