Se la democrazia annega nella critica televisiva

Scriveva il blogghista anonimo dell'anno 2012 (vedi raccolta di briciole di tweet e Facebook nell'Archivio Nazionale Prima della Catastrofe Definitiva): «Morta la democrazia, nessuno si decideva (...)

(...) a scrivere il certificato e chiedere l'inumazione, sicché si convenne di seppellirla sotto il tumulo della critica televisiva, succedanea del popolo sovrano come le uova di lompo lo sono del caviale. Fu dunque stabilito di sostituire il Parlamento con il Palinsesto e di varare un format americano detto delle primarie (restando le secondarie i licei e i corsi di economia domestica avanzata). I candidati alla ruotona della fortunona primariale furono sottoposti allo screening delle cravatte: Bersani rossa ma sparava in rosa, Renzi viola ma sparava in rosa, Vendola non pervenuto ma sperava in rosa, l'unica femmina in scollatura quadrata era considerata in quota rosa, Tabacci scolpito in ciliegio rivelava un incarnato rosa, eccetera. Le idee furono dichiarate inadatte alle telecamere perché sparano. Furono quindi considerati i gesti, i tic, gli impacci, l'orecchino gay, cadenza e scadenze con attenzione al ritmo, al rap, alla rapsodia robotica, allo straniamento consonantico abbinato allo smalto dei denti, alle otturazioni visibili, all'uso dei boxer o degli slip, la stiratura dei capelli, alla giacca d'ordinanza che non permette di fare Obama. E poi dissero, all'americana, il peggio deve venire, il meglio per fortuna è passato, e il sacerdote mostro sacro Aldo Grasso assegna voti penitenziali. Emersero discrasie, catarri, rossori e la democrazia fu dichiarata allusa collusa e conclusa, disossata, surrealizzata, ricondotta al cubismo, al picassismo fase rosa e cantavano le idee di rivolta non sono mai molte, parole in karaoke sul vecchio motivo «E noi farem come la Russia e noi farem come Lenìn» trasformato in «farem come in Illinois, farem come Barack». Il blogghista anonimo fu interrotto, probabilmente ucciso e sciolto nell'acido ialuronico dei ritocchi estetici e fu - dicono - un grande spettacolo che tutti smaniavano per replicarlo e già sceglievano la cravatta e le battute per passare alla storia.

segue a pagina 10

Filippi e Rio a pagina 10

di Paolo Guzzanti

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