Se il superiore è una carogna puoi scriverlo su Facebook

Riconosciuto ai dipendenti il diritto di discutere liberamente le condizioni aziendali. Ma attenti alle vendette trasversali...

Se il superiore è una carogna puoi scriverlo su Facebook

Anche questo è un sogno americano: raccontare in giro, liberamente e apertamente, che razza di teste ci stanno sopra, tutti i giorni, dentro le fabbriche e dentro gli uffici (dentro i giornali no, dentro i giornali ci sono soltanto capi giusti, umani, illuminati).
Nella terra delle opportunità, è ormai riconosciuto anche quest'ultimo diritto del lavoratore: lavare i panni sporchi sulla pubblica piazza, oggi detta social-network, sia essa Facebook o Twitter. Se un dipendente sente il bisogno di sfogarsi, di divulgare il disagio che avverte sul posto di lavoro, niente può più impedirglielo. Un bel resoconto via Internet e subito si scarica il peso. Ripicche, carognate, meschinità? Ci sta di tutto. Con un asterisco molto importante: nella terra delle libertà, esiste anche la libertà per i superiori di querelare il lavoratore troppo offensivo, che passi dalla legittima critica all'insulto e alla diffamazione. Ma questo dei limiti, in fondo, è il discorso di sempre, universale e immutabile, che non porta elementi di novità.
Il vero salto di qualità è diritto di contestare. Diventano illegali tutti i divieti e le restrizioni adottati dalle aziende per zittire le maestranze, veri e propri regolamenti interni che hanno spesso portato al licenziamento. Recenti sentenze giudiziarie e le stesse autorità che regolano il mercato del lavoro hanno assunto posizioni chiarissime. «I lavoratori - afferma il National Labor Relations Board, agenzia governativa che si occupa delle relazioni industriali - hanno il diritto di discutere liberamente le condizioni aziendali, sia dentro l'ufficio sia in rete, senza il timore di perdere il proprio stipendio».
La legge federale intende mettere un argine allo strapotere dei dirigenti, che ultimamente tendevano a mettere sempre più disinvoltamente il bavaglio ai sottoposto, tenendosi le mani libere per rappresaglie e licenziamenti. «Tutto quello che stiamo chiedendo, in fondo, è applicare la legge tradizionale alle nuove tecnologie», spiega Mark Pearce, il presidente del National Labor Relations Board.
La materia non è banale. In qualche modo tocca tutti quanti. Ma davvero spiattellare su Twitter o su Facebook i limiti, gli errori, le debolezze dei capi, senza pagare con il licenziamento in tronco, è una vera conquista di libertà?

Chi ci crede è bravo. Certo è possibile che adesso negli States tutti si sentano liberi di partire a briglia sciolta, svergognando a pieni polmoni il capo del personale e il direttore delle vendite. Ma da questa parte dell'Oceano restiamo indubbiamente un po' più diffidenti. Anche con la garanzia di evitarci il licenziamento, qui sappiamo benissimo che nessuno può evitarci qualcosa di più strisciante e impalpabile, qualcosa che potremmo sommariamente definire pronta vendetta. Magari il capo non ha più l'arma del licenziamento in mano, ma tiene comunque il coltello dalla parte del manico. Creativo com'è, un vero capo sa sempre come reagire, senza cadere nell'errore estremo del mobbing, penalizzato per legge. Conosce mille modi, la controparte, per ricacciare in gola alla testa calda le sue critiche. Villaggio non ha scritto il sacro testo su Fantozzi per nulla, tanto per scherzare. È bene che ciascuno faccia i propri calcoli e si assuma i propri rischi: la critica al capo è da sempre un terreno minato, basta niente per lasciarci la zampa. Difatti, noi che non siamo americani, l'abbiamo sempre coltivata all'italiana, debitamente alle spalle, rigorosamente nei corridoi.
Dignitoso e serio sarebbe che chi abbia qualcosa da dire o da ridire si rivolga direttamente all'interessato, nei modi e nei termini giusti, in un confronto civile tra uomini.

Sono però moltissimi gli scettici a sostenere che questa sia una bella teoria, ma del tutto impraticabile, perché non sempre dall'altra parte ci sono uomini. Sinceramente qui però mi devo fermare, perché non so di che parlano, gli scettici: nei giornali, come noto, i capi sono fantastici.

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