Politica

Segretario o reggente? Il Pd non sa che fare Sabato la resa dei conti

Cuperlo si candida per il congresso, ma vuole anticiparlo all'estate Altolà di Gentiloni. Una task force per trovare un nome condiviso

Il segretario uscente del Pd, Pier Luigi Bersani
Il segretario uscente del Pd, Pier Luigi Bersani

Roma - Se potessero, voterebbero scheda bianca anche sul prossimo segretario. Così, pur considerando i gelidi rapporti che intercorrono tra i capicorrente del Pd, non è sembrata una felice idea quella di un «caminetto» a maggio inoltrato. Piuttosto un «barbecue», come lo definisce Pippo Civati.
Carne al fuoco ce n'è: l'intero corpaccione del partito che rosola sulla griglia e persino sulle scelte organizzative fatica a liberarsi dei nervetti; cercando ognuno di tenere il grasso per sé. Arriva tra gli ultimi al Nazareno Gianni Cuperlo, una delle teste pensanti, si diceva un tempo, del partito. Ed è l'unico che prova a dare una scossa. Si candida apertamente, e vorrebbe che il sacrificio fosse riconosciuto e «condiviso» largamente. «Sento domanda di impegno, sono a disposizione». Chiede un congresso «il più presto possibile, e che sia una vera discussione non personalistica». Fatica di Sisifo, pare, con i veti contrapposti che rispediscono ogni volta il macigno a valle.
Al Coordinamento del Nazareno troppi sono anche i convitati di pietra. Diserta D'Alema, per non essere di ostacolo al tentativo di Cuperlo (per non dire del disgusto). È a un convegno, fa sapere, indovinate dove. A Firenze, e manda tanti saluti e auguri (e un bacione) al partito in coma. Oggi incontrerà Renzi: «Per parlare d'Europa», naturalmente. Anche Renzi è svicolato dalla messa cantata al Nazareno. In mattinata incontra separatamente il dimissionario Bersani, tanto per far sapere che «non fa problemi quale che sia il nome», che non è «il tipo che correntizza» e che «non vuole mettersi di traverso» neppure all'amico Letta, «solo dare una mano».
Ma se Bersani è ingessato nel ruolo di travicello che vorrebbe essere pregato per restare fino al congresso (la soluzione «Napolitano»), anche le soluzioni «amiche» (Finocchiaro o Chiti, quest'ultimo non sgradito neppure a Renzi), sono poco convincenti. Il vero convitato di pietra è Letta, rappresentato dal sodale Franceschini. I due giocano una partita doppia, che vede nel percorso dell'unico governo possibile il viatico per traguardi più succosi. Spostare il centro gravitazionale verso Palazzo Chigi, con un sostegno più puntuale del partito, sembra loro la sola via per uscire dall'accerchiamento. Franceschini non vuole «pasticci o rinvii» all'assemblea di sabato, ma un segretario. «Non vogliamo una conta, ma una scelta politica». L'asse con i bersaniani in rotta potrebbe generare un centro «doroteo» in grado di gestire l'ingestibile. Ma che l'unità sia una chimera si tocca con mano lungo le tre ore di discussione tesa, cavillosa e faticosa. Alla fine si opta per il peggio: l'andamento lento. La data del congresso, che tutti chiedono di fare prima dell'estate (una stagione a bagnomaria sarebbe fatale) verrà decisa sabato. La anticipa Paolo Gentiloni: «Il Congresso del Pd si terrà come previsto da Statuto e si concluderà ad ottobre nei tempi previsti dallo Statuto». Un gruppo ristretto formato da Zanda, Sereni, Scalfarotto, Speranza e il delegato regionale Amendola sonderà una candidatura per sabato. I bersaniani puntano su Speranza, e si capisce che la scelta è senz'altro per il nome. Bersani aveva evitato di proporre candidature, «non tocca a me anche perché le ultime non sono andate bene....». E aveva reclamato compostezza da parte di tutti. Ma nel frattempo scontri anche sulla linea di governo (la sentenza Berlusconi certo non ha aiutato) rendevano il clima sempre più malsano. Fioroni veniva impallinato sulle modifiche statutarie da Morando, Migliavacca e dalla Bindi. La quale escludeva un segretario che «ha fatto parte del vecchio gruppo dirigente». Ma se la Puppato, dall'esterno, reclamava «il coraggio di scegliere Rodotà», Bettini, all'interno, rilanciava un «nome competitivo: Chiamparino o Fassino».

La notte si faceva più mesta e buia.

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