Alfano accusa il Giornale: getta fango su di noi

Al segretario saltano i nervi per il fondo del direttore. Sallusti: sono allibito

Il ministro dell'Interno Angelino Alfano
Il ministro dell'Interno Angelino Alfano

Roma - Le colombe graffiano il Giornale. L'ira di Alfano si abbatte sul nostro quotidiano e sul direttore Alessandro Sallusti, reo di aver messo in evidenza i distinguo della pattuglia ministeriale alla linea di Forza Italia. Non è un mistero che il segretario del Pdl, assieme ai colleghi dimissionari di palazzo Chigi, non abbiano gradito l'accelerazione della crisi. Né nel merito né, soprattutto, nel metodo. Tanto da minacciare una sorta di scissione, definendosi «diversamente berlusconiani». Nell'editoriale di ieri, ritenuto indigeribile dagli ex ministri, Sallusti rievocava lo strappo di Fli: «I ministri ventilano un loro futuro fuori da Forza Italia, non si capisce se sulle orme di quel genio di Gianfranco Fini». Apriti cielo. Soprattutto quel passaggio manda su tutte le furie Alfano e gli altri quattro ministri, già col dente decisamente avvelenato nei confronti di Daniela Santanché, Denis Verdini, Sandro Bondi e Niccolò Ghedini. Tutti additati di aver imposto al Cavaliere una linea «eversiva» e troppo falchista alla neonata Forza Italia. Così, si decide di diramare una nota al vetriolo proprio contro il quotidiano di via Negri. Giro di telefonate tra i ministri dimissionari dove tutti concordano: «Ma come? Noi veniamo a sapere che dobbiamo dimetterci via agenzia di stampa, dopo un summit con il “poker della guerra”, senza nemmeno essere consultati; le dimissioni, con estrema lealtà nei confronti del nostro presidente le rassegniamo ugualmente... E che succede? Veniamo trattati così? Come dei traditori? Questo è troppo, dobbiamo reagire».
Così parte una nota congiunta, sottoscritta dai cinque: «È bene dire subito al direttore de Il Giornale, per il riguardo che abbiamo per la testata che dirige e una volta letto il suo articolo di fondo di oggi, che noi non abbiamo paura. Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento politico, si sbaglia di grosso». Qualche ex ministro teme addirittura che parta una campagna di stampa contro i «diversamente berlusconiani». Per cui si avverte il direttore così: «Se intende impaurirci con il paragone a Gianfranco Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne. Se il metodo Boffo ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi che eravamo accanto a Berlusconi quando il direttore de Il Giornale lavorava nella redazione che divulgò la notizia dell'informazione di garanzia al nostro presidente, durante il G7 di Napoli, nel 1994».
Un comunicato al vetriolo che fa strabuzzare gli occhi al direttore Sallusti che replica all'Ansa: «Sono allibito, neppure io ho paura. Ho già pagato con la detenzione squallide minacce alla libertà di espressione. Punto». Non una parola di più dopo l'editoriale incriminato nel quale diceva che «Eversiva è stata la decisione di è stata la decisione di Letta e del Pd di alzare le tasse e non onorare i patti di maggioranza. Eversivo e il comportamento, preconcetto e fazioso, dei membri della giunta del Senato che hanno annunciato la decadenza di Berlusconi ancor prima di iniziare i lavori. Eversivo è il complice silenzio di Napolitano di fronte alla costante violazione delle garanzie democratiche».
Ma tant'è. Alfano legge come un vero e proprio affronto il fondo del direttore. Soprattutto perché brucia ancora il modo in cui il Cavaliere, nel pomeriggio di venerdì scorso, gli ha chiesto di fare le valigie da palazzo Chigi per non essere complice dell'aumento Iva. Dimissioni date obtorto collo, nella convinzione che l'accelerazione della crisi sia un'errore. E Angelino, ieri a palazzo Grazioli con i ministri dimissionari, lo dice chiaro: «Se tu ci chiedi di fare una cosa noi la facciamo, presidente. Capiamo la tua sofferenza ma sappi che stai sbagliando. La cosa che ti hanno consigliato di fare nuocerà a te, al centrodestra e all'Italia. Ti addosseranno tutte le colpe.

Ed era meglio dimetterci tutti dopo il voto in giunta sulla decadenza. Non ora. Non così». Ma Berlusconi ha deciso. Non torna indietro. E quando, quasi un'ora dopo, il Cavaliere parla ai gruppi e dice: «Dobbiamo restare uniti, basta divisioni», applaudono tutti. Alfano incluso.

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