Il segreto del bello stregò anche Leonardo

Il segreto del bello stregò anche Leonardo

«Nessuno è perfetto» lo dicono tutti ma non lo pensa nessuno. Tutti pensano di pensare perfettamente alla perfezione. Sappiamo ciò che vogliamo anche se sappiamo che non l’otterremo mai. Se non è perfezione questa... La donna più bella è un morfing che utilizza la Venere di Botticelli e Anne Bancroft, sostiene incidentalmente il soprascritto. L’uomo ideale, potrebbe rilanciare una signora a caso, ruota nel cerchio magico leonardesco e infine frena in prossimità dello sguardo di George Clooney. La città ideale l’ha dipinta Piero della Francesca, o Leon Battista Alberti o giù di lì, sempre in zona Rinascimento. No, ribattono altri, è la Brasilia di Niemeyer, pienissimo Novecento. E poi, Omero o Tolstoj? Pelè o Di Stefano? Fidia o Canova? Mozart o Beethoven? Tutti perfettamente ideali a dispetto del loro essere stati reali, a dispetto dell’esistenza che di per sé dovrebbe soffiar via l’aura celestiale delle sfere più alte, quelle che confinano, appunto, con la perfezione. Kalos kai agathos, dicevano i Greci, «il bello e il buono». Dove la «e», più che congiunzione diventa verbo essere, corrispondenza d’amorosi sensi fra estetica ed etica.

La perfezione è un’idea che si alimenta e cresce con la propria insussistenza, accumula giudizi e ipotesi. Per questo è l’idea più umana di tutte: perché consente a chiunque di esercitarsi su di lei nella libertà del bello e del buono. E al riparo da ogni errore.

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