I rritato e avvilito. No, non la prende affatto bene il Cavaliere. Non tanto perché si aspettasse qualcosa di diverso dal deposito della sentenza sui diritti tv Mediaset, quanto per le motivazioni con cui la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta di spostamento dei processi da Milano a Brescia. Così tranchant dal definire «infamante» l'accusa che i giudici di Milano possano non essere imparziali nel giudicarlo. E così nette dal considerare la richiesta di trasferimento per legittima suspicione «ispirata da strumentali esigenze dilatorie» e niente di più.
Ci sta, insomma, che Berlusconi incassi con un certo fastidio. Cosa che con buona pace della cosiddetta «iconografia ufficiale» che lo racconta assolutamente zen ogniqualvolta si affronta il capitolo processi - emerge anche dalla scelta di replicare pubblicamente e con tanto di nota. Già, perché se si arriva non tanto a respingere la richiesta di spostare i processi a Brescia quanto a negarne perfino la legittimità è chiaro che un problema c'è. Insomma è il senso del ragionamento del leader del Pdl posso anche accettare che non accolgano l'istanza di legittimo sospetto, ma far finta che non esistano in merito indizi gravi, precisi e concordanti rasenta il ridicolo. Siamo, sbotta il Cavaliere, alla «provocazione». Anche perché la Cassazione arriva quasi a lasciare intendere che anche se a Milano ci fosse davvero un pregiudizio nei confronti di Berlusconi la colpa è comunque del leader del Pdl e delle sue ripetute critiche verso i magistrati, come quelle verso il collegio giudicante che si è occupato della separazione con l'ex moglie. «Mi perseguitano da vent'anni si è sfogato in privato l'ex premier e mi vengono pure a dire che me la sono andata a cercare?».
Ci sono poi le motivazioni dell'appello per i diritti tv Mediaset, anche quelle depositate ieri. E sono quelle che il Cavaliere prende pubblicamente di mira, proprio per evitare di andare al muro contro muro con la Cassazione che di qui a qualche mese dovrà pronunciarsi appunto sui diritti tv. Berlusconi definisce le motivazioni del secondo grado «surreali» perché «come risulta dagli atti non ho mai avuto conti all'estero» e «mai un centesimo delle asserite violazioni fiscali mi è pervenuto». Insomma, «se vi è ancora un barlume di buonsenso questa sentenza non potrà che essere posta nel nulla riconoscendo la mia assoluta innocenza». Una nota, quella del Cavaliere, che arriva nel tardo pomeriggio, vistata da Ghedini e dopo una lunga riflessione sull'opportunità di mettere pubblicamente la faccia sulle vicende giudiziarie.
Già, perché sono settimane che Berlusconi continua a ribadire che il piano politico e quello processuale restano distinti e che il governo di Letta non ha nulla da temere. Cosa che ieri, e probabilmente non è un caso, non ha fatto. Ma non perché il leader del Pdl abbia cambiato idea e ora pensi di far saltare il tavolo, anzi. Però è chiaro che il panorama complessivo non può non incidere sulla tenuta di equilibri politici già delicatissimi. E dunque su un governo che già fatica rispetto alle frizioni interne ai due azionisti di maggioranza, Pd da una parte e Pdl dall'altra.
Sotto traccia, intanto, all'interno del Pdl continua il braccio di ferro sulla legge elettorale. L'ala governativa vorrebbe che il premio di maggioranza si applicasse solo a chi arriva al 40%, i cosiddetti antigovernativi puntano invece al 35. Una differenza non da poco.
Nel primo caso o il centrodestra si accorda preventivamente con Monti oppure di fatto il premio non si applica e siamo al proporzionale puro, mentre nel secondo il centrodestra può puntare a vincere da solo. È chiaro che il primo schema piace molto ai fautori delle larghe intese (oggi e per il futuro). Anche se pare il Cavaliere inizi a preferire la soglia del 35.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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