«M a non so neanche se riesco a trovarlo per me un posto in lista...». Alla pletora di questuanti che fanno la fila davanti alla porta del suo ufficio in via dell'Umiltà Verdini risponde più o meno così. Sono tutti disperatamente alla ricerca di un posto in lista, possibilmente ai piani alti che a questo giro difficilmente si arriverà a portare in Parlamento un battaglione corposo come quello del 2008. Scene che Verdini ha vissuto centinaia di volte dal conoscere ormai alla perfezione il copione: qualche generica rassicurazione all'interlocutore di turno eppoi, magari allargando le braccia, butta lì un «facciamo il possibile». Il suo destino, d'altra parte, è quello di far da argine a un Cavaliere che di fastidi preferisce non averne troppi. E siccome pure Berlusconi è letteralmente bersagliato da chi la poltrona non vuole perderla (mercoledì s'è presentato a Palazzo Grazioli un gruppo di senatori, ieri deputati e deputate in ordine sparso) è al coordinatore del Pdl che toccherà il lavoro sporco.
Lavoro sporco e pure complicato se, come sembra, il Cavaliere potrebbe mettere pesantemente mano alle liste. Con due criteri: quello generazionale e quello dell'affidabilità. Secondo il primo solo un 20% dei cosiddetti «seniores» sarà riconfermato, mentre in base al secondo c'è un alto rischio sorprese dell'ultima ora. Nel senso che Berlusconi pare proprio non abbia voglia di ritrovarsi in una situazione simile a quella del 2008, soprattutto considerando che i gruppi parlamentari saranno certamente ridimensionati e che c'è il rischio che in caso di pareggio al Senato si accendano le sirene montiane. Ecco perché - spiegava qualche giorno fa in privato - dobbiamo «premiare» chi è sempre stato «leale e corretto». Chi, per capirsi, non è disponibile ad offrirsi per eventuali rafforzamenti al centro.
A rischiare più di tutti, dunque, sono i cosiddetti montiani del Pdl. È finita che il salto della quaglia l'hanno (quasi) fatto solo Frattini e Mauro, perché con lo sgambetto di Bruxelles («congiura» per usare un espressione del Cavaliere) si sono spinti forse troppo in là. Ancora due giorni fa l'ex premier non ha lesinato critiche verso «l'irriconoscenza di certi traditori». A parte loro, però, c'è un ampio battaglione di cosiddetti «vorrei ma non posso». Sono gli uscenti del Pdl pronti ad andare con Monti perché oramai si sono troppo esposti e sanno di rischiare la ricandidatura ma che il Professore non ospiterà perché non vuole «sporcarsi le mani».
E tra quelli in bilico qualcuno mette pure Formigoni. Ieri ha sentito a lungo Berlusconi e non è escluso che il premier gli abbia girato il seguente messaggio: o ritiri l'endorsement ad Albertini per il Pirellone oppure rischi il seggio. D'altra parte, che l'operazione Albertini sia in chiave montiana non è un mistero, come non lo è il fatto che la cosa crea seri problemi alle aspirazioni di Maroni.
Per il resto, il Cavaliere passa la giornata con Bonaiuti a pianificare interviste in radio e tv per concluderla a cena a casa di Rotondi insieme ad altri ex ministri. Scontata, invece, la reazione alla richiesta di condanna ad un anno per il processo Unipol da parte della procura di Milano. «Sono puntuali come il Big bang», avrebbe ironizzato riferendosi alla campagna elettorale ormai iniziata.
È nata, intanto, Fratelli d'Italia-Centrodestra nazionale, la nuova formazione targata La Russa-Meloni-Crosetto. Correranno in coalizione con il Pdl, quanto alla definizione delle liste, invece, pare che le due anime abbiano alla fine raggiunto l'intesa sulla tradizionale spartizione del 50-50.
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