Silvio: faccio come Hollande una campagna porta a porta

Il Cav: "Siamo a sei punti da Bersani, ora tutti impegnati sul territorio. Se vinciamo Alfano premier per trattare col Pd la riforma presidenziale"

Silvio: faccio come Hollande una campagna porta a porta

Strano ma vero, Silvio Berlusconi studia e predica quello che lui stesso chiama «il modello Hollande». Nel senso che alla sua massiccia presenza sui media con interviste a tappeto (ieri Radio2 e Tg5) vuole che i circa 950 candidati di Camera e Senato affianchino una «campagna porta a porta» per riconquistare gli indecisi. E questo dirà oggi al teatro Capranica di Roma quando incontrerà i candidati del Pdl. Per loro è pronto un kit ad hoc, ma soprattutto le indicazioni di un Cavaliere che nonostante i punti da recuperare si dice convinto che la vittoria sia ancora possibile.
Nelle ultime tre settimane - è il ragionamento che faceva ieri Berlusconi durante le diverse riunioni per preparare l'appuntamento di questa mattina - il Pdl è passato dal 13 al 23%, mentre il Pd è sceso dal 33 al 29. Insomma, tra i due partiti ci sarebbero «solo sei punti» mentre la distanza tra le coalizioni sarebbe di cinque. Questi, almeno, sono i numeri che snocciola con i suoi un Cavaliere sempre più ottimista. Perché, dice, «se nel 2006 abbiamo recuperato 9 punti ce la possiamo fare anche questa volta». È fondamentale, però, che i candidati «vadano fisicamente casa per casa» a convincere i tanti indecisi. Tra un funzionario di partito come Bersani e un tecnocrate come Monti - è il senso delle parole dell'ex premier - chi ci ha votato quattro anni fa non può non preferire l'imprenditore Berlusconi. Che conferma di non essere il candidato a Palazzo Chigi. Io - ripeteva ieri - farò il superministro dell'Economia e mi occuperò dell'emergenza occupazione, Angelino Alfano farà il premier e tratterà con il Pd la riforma dello Stato e l'introduzione del semipresidenzialismo.
Un Cavaliere, insomma, deciso a giocarsi la partita fino in fondo se nonostante lo svantaggio non si fa alcun problema a immaginare Alfano seduto a Palazzo Chigi. E che si lamenta della riduzione della scorta proprio alla vigilia del tour elettorale, un modo - dicono nell'entourage dell'ex premier - per rendere più difficoltosa la campagna elettorale. Anche se il problema potrebbe essere anche di privacy, visto che la sicurezza di Berlusconi non sarà più affidata solo a uomini dell'Aisi ma passerà ai Carabinieri con il concorso dei servizi segreti.
Mentre impazzano i malumori per le liste regionali di Lombardia e soprattutto Lazio (dove lo scontro tra Antonio Tajani e Fabrizio Cicchitto è durissimo), il Berlusconi che non t'aspetti arriva sul caso Mps. Invece di cavalcare il l'affaire Monte dei Paschi, infatti, il Cavaliere sceglie una linea soft perché, dice, «è qualcosa che non conosco» eppoi «si tratta di una banca a cui voglio bene». Una battuta che richiama ai tempi di quando Mps gli concesse i mutui per creare Milano 2 e 3 e al fatto che ancora oggi l'ex premier è un correntista, ma che nel merito mette nero su bianco un approccio morbido nonostante il boccone sia gustoso, tanto che tutto il Pdl - compreso Alfano che arriva a chiedere una commissione d'inchiesta - spara fendenti.

L'ex capo del governo, invece, gli affondi li riserva tutti a Monti e Bersani definendo il loro litigio a distanza solo «uno scontro di facciata» che nasconde a malapena un'intesa già siglata per il dopo voto. Insomma, «chi vota Bersani si prende anche Vendola, Monti, Fini e Casini».

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