Silvio-Michele, duello finale di una sfida durata vent'anni

Berlusconi stasera a Servizio pubblico da Santoro. Dopo puntate-trappola e telefonate a sorpresa, l'ex premier ritrova l'ultimo oppositore rimasto in campo

Silvio-Michele, duello finale di una sfida durata vent'anni

«S antoro, lei è un dipendente del servizio pubblico, si contenga!», intimò Berlusconi irrompendo in diretta via telefono al Raggio verde, era il 16 marzo 2001. Si parlava dei controversi rapporti con il boss Vittorio Mangano e il Cavaliere accusò il conduttore di allestire «processi in diretta». «D'accordo, sono un dipendente del servizio pubblico. Ma non sono un suo dipendente», replicò lui. Lo era stato fino a due anni prima dal '96 al '99, direttore e conduttore su Italia 1 della testata Moby Dick. Un titolo che era un presagio di quello che diverrà il duello più appassionante della Seconda Repubblica. E che stasera a Servizio Pubblico su La7, titolo «Mi consenta», si rinnoverà in un'occasione storica.

È fuor di dubbio che l'epicentro del Ventennio sia stato il Cavaliere, il leader più carismatico. E che il suo oppositore, fuori dai cerchi della politica, più strenuo e irriducibile sia stato uno sciamano della tv. Più di D'Alema, il quale dopo avergli preconizzato l'«elemosina fuori dalle chiese», finì per giacergli appresso in Bicamerale per scopi più tattici che strategici, ed evaporati. E lo è stato anche più di Prodi che, dopo averlo battuto due volte alle urne, dovette soccombere in Parlamento proprio a causa della troppo eterogenea alleanza assemblata per spuntarla al voto. Ora né Prodi né D'Alema avranno un seggio, mentre Santoro è nella sua postazione, capitan Achab sul Pequod, ad attendere la codata della Balena furiosa. A ben guardare il presenzialismo del Cav è l'unico brivido di questa grigia campagna elettorale, eroe romantico di un'utopistica rimonta che somiglia a quella del suo sgarrupato Milan, con troppi avversari da scavalcare e un sicuro vincitore finale in questo declino della Seconda Repubblica che trapassa nella Terza, ma che forse, con la moltiplicazione dei poli (Pd, Pdl, Montiani, Grillini-Arancioni), odora più di Prima.

C'eravamo tanto odiati, dunque. In un corpo a corpo a distanza come quello del romanzo di Melville, con frequenti inversioni di ruoli e la preda che riesce a sbalzare dalla tolda il suo predatore come avvenne un anno dopo quella telefonata. 18 aprile 2002, Berlusconi era in visita ufficiale a Sofia e, in quello che prese il nome di Editto bulgaro, accusò Santoro, Biagi e Luttazzi di aver fatto «della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, un uso criminoso». Nel 2004 Santoro riparò da ulivista-prodiano al Parlamento europeo per esportare la battaglia sulla libertà d'informazione. Ma l'impresa si spense malinconicamente in un anno e Michelone e, neodimissionario da Bruxelles, rientrò in Italia per rivendicare alla dogana di Rockpolitik il microfono che gli spettava: «Tu, Adriano, hai il tuo microfono, io rivoglio il mio». La magistratura accettò i ricorsi e dall'autunno 2006 Santoro risalì su un'imbarcazione chiamata Annozero, dove arruolò il ramponiere Travaglio, il timoniere Vauro e saltuariamente l'ultimo epurato Daniele Luttazzi. Il più agguerrito degli equipaggi anti-Cavaliere, ormai vera e unica ossessione. In sequenza arrivarono le accuse del pentito Ciancimino a Forza Italia, partito delle stragi mafiose e le interviste alle donne scaricate a vario titolo dal premier in carica. Sfilò l'ambigua Patrizia D'Addario, testimone principale nel processo per gli scandali sessuali che riempivano i faldoni della magistratura barese. Si rivide Stefania Ariosto, la teste Omega, habituée del «Barbarossa» di Cesare Previti ai tempi della «guerra di Segrate» per il controllo della Mondadori. Nell'occasione si parlò anche di un'altra telefonata in diretta di Berlusconi, peraltro dalla Bulgaria, mai andata in onda. E non poteva mancare il pruriginoso racconto delle serate ad Arcore di Nadia Macrì, un'altra escort, che snocciolò alcune cifre del numero di cellulare del Cavaliere, subito diffuso per intero da un blog. Berlusconi non poteva subire. Scattarono le pressioni sull'Agenzia delle comunicazioni e sul dg della Rai Mauro Masi per neutralizzare l'antagonista. Uno scontro senza esclusione di colpi, con le telefonate fatte per condizionare Santoro squadernate su tutti i giornali, fino all'intervento in diretta di Masi rintuzzato dal conduttore. Minacce di sciopero del canone da parte degli abbonati e altre levate di scudi propiziarono il divorzio tra il giornalista e l'azienda. Dopo un anno d'interregno sulla multipiattaforma Sky-tv private-web, grazie ai buoni uffici di Mentana, a sua volta reduce da Mediaset, ecco l'approdo a La7.

Si sono tanto odiati Silvio e Michele. Ma a proposito di sfumature, si vedrà stasera se l'odio trascolorerà come probabile in una stima reciproca rimasta sempre sotterranea. E magari anche nel rispetto dell'ospite prestigioso e foriero di ascolti record. Resta da vedere in cosa sfumerà invece il livore travagliesco nel Saloon di Michele. Se insieme a Luisella Costamagna rinfodererà la colt oppure no. Tutto dipenderà dalle regole d'ingaggio del duello. Silvio ha annunciato in tutte le tappe del tour l'appuntamento nel quale si gioca una fetta di campagna elettorale. «Sono un combattente e non ho niente da nascondere. Vado da quel simpaticone di Travaglio».

Per lui sarà la seconda volta in un programma di Santoro - «fumerie d'oppio» li definì D'Alema - dopo una partecipazione a Tempo reale nel 1995 in cui raccontò dell'invito a Di Pietro ad Arcore. Ospitandolo, Michele ha arpionato la balena. Il Cavaliere rischia il tutto per tutto. Il verdetto arriverà domani. Ma soprattutto il 25 febbraio.

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