Roma - Ma guarda un po’. Ora la Repubblica stronca Montezemolo. Quando pigiava il clacson delle critiche al governo erano applausi a scena aperta. Adesso che con la sua ItaliaFutura si appresta a scendere in campo, rompendo le uova nel paniere di Bersani, son sberle. Per il quotidiano di De Benedetti, l’imprenditore tessera numero uno del Pd, Luca non serve più: ottimo quando incalzava Berlusconi, l’odiato «Cainano»; è diventato pessimo perché parla a chi parlava Berlusconi. In un editoriale-lenzuolo, tre concetti per rottamare il capo della Ferrari, prima ancora che accenda i motori del suo movimento politico. Per largo Fochetti, Montezemolo è già vecchio. Non è originale, sa di muffa, è avariato: «È una novità relativa perché la sua discesa in campo era attesa e annunciata da tempo». Tiè. L’ex capo di Confindustria «ha sempre rinviato per prudenza o per tattica. O per entrambi i motivi». Imbelle. Il fatto che stia per rompere gli indugi non cambia la bocciatura: «L’annuncio di Montezemolo arriva tardi», è la tesi di Repubblica. E te pareva.
Ma ecco spiegato il motivo: «È finito il tempo dei politici imprenditori ed è conclusa l’era degli imprenditori a capo dell’Azienda-Italia». Della serie: sei raffinato e chic se, per di più da imprenditore e quindi credibile, hai qualche appunto da fare al satrapo di Arcore; sei grossolano e demodé se, per di più da imprenditore e quindi inattendibile, vuoi prendere il posto di Berlusconi. E poi, ci spiegano testuale, adesso «È l’epoca degli esperti, dei governi tecnici e senza passioni. Come Monti. Algido interprete dell’emergenza dettata dai Mercati». Insomma, Montezemolo non va bene culturalmente, esteticamente, ontologicamente. La tendenza del momento è il sobrio Loden alla Monti; o il maglione infeltrito e multicolor alla Beppe; di certo non il gessato con pochette bianca alla Cordero. Lo dice chiaro, Repubblica: «È anche l’epoca dei Tribuni: coloro che esercitano la rappresentanza delle domande - e delle insoddisfazioni popolari. Che mobilitano le pressioni “contro” i poteri politici ed economici. Come ha fatto Grillo». La chiusa dell’editoriale è una condanna senz’appello a chi ieri era la faccia presentabile di un capo d’azienda perché non berlusconiano: «Penso che Montezemolo fosse adatto a interpretare al meglio l’alter-berlusconismo al tempo del berlusconismo. Ma al tempo del post-berlusconismo, mi sembra fuori tempo». L’ossessione di Berlusconi non passa mai.
E dire che Montezemolo diceva le stesse cose che dice oggi: giù il costo del lavoro, giù le tasse, giù il prezzo dell’energia, più concorrenza, più liberalizzazioni e privatizzazioni, aiuti a ricerca e innovazione, nuove relazioni sindacali, lotta al sommerso, più investimenti pubblici, semplificazione della burocrazia che ci sta uccidendo tutti. Ma siccome al timone c’era il Cavaliere, Luca era il pungolo, la critica, il rimprovero. E giù applausi da Repubblica e dall’intellighenzia. Quando poi ventilava l’ipotesi di una patrimoniale per tagliare l’Irap, bacchettava i tagli lineari di Tremonti, e parlava di «disfacimento del senso delle istituzioni», beh... l’orgasmo sinistrorso raggiungeva picchi da pornostar. Bersani esultava: «Alla buon’ora!» e mandava avanti il fidato Franceschini a far la corte all’imprenditore illuminato. Esattamente come quando graffiò il Cavaliere, colpevole di ragionare in termini di «dopo di me il diluvio». Furono elogi ed ovazioni da stadio: bravo, bene, bis. E tutti - ma proprio tutti - a corrergli dietro nel tentativo di mettergli addosso la maglia della propria squadra.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.