Non c'ero, se c'ero dormivo, o sognavo. Sognavano la «resistenza» in salsa mediorientale, a sinistra, e si sono risvegliati con l'islam politico organizzato come alleato anti-Israele.
Il caso della presunta cellula italiana di Hamas manda in tilt un bel pezzo di Campo largo, quello arato dalla mobilitazione pro Pal.
Silvia Salis e Laura Boldrini. Ma anche Giuseppe Conte e Alleanza Verdi e Sinistra. E non manca Francesca Albanese, che bolla come «diffamazioni» le inchieste giornalistiche su Mohammad Hannoun e la politica. Insomma, dopo il silenzio sulle accuse che coinvolgono il leader dei Palestinesi in Italia, ora è il momento delle minacce di querele. Nel mirino le «testate di destra» e gli esponenti del centrodestra. Parte la sindaca di Genova Salis, con un lungo post su Instagram e un video. L'obiettivo è chi ha parlato e scritto dell'iniziativa del 17 settembre, nel capoluogo ligure, dove è intervenuto anche il leader pro Pal. «In quella giornata abbiamo partecipato per pochi minuti a una delle tante iniziative di Music for Peace, senza alcun contatto con Hannoun, né allora né in altre occasioni. Se lui ha parlato, lo ha fatto dopo che io e gli altri sindaci avevamo già lasciato la piazza», attacca. Poi minaccia ritorsioni legali e invita anche gli altri sindaci Beppe Sala e Matteo Lepore a seguirla. «Querelerò chi diffonde notizie inventate e chiedo agli altri sindaci di seguirmi», insiste. Quindi si giustifica e ribalta le accuse, lanciando la palla in tribuna: «Secondo la destra non avrei dovuto partecipare a manifestazioni di solidarietà a un popolo massacrato perché c'era anche lui?». E pure Boldrini, nell'occhio del ciclone per una foto, diventata «virale», che la ritraeva con Hannoun il 12 maggio 2022, paventa querele. Dice di averlo incontrato «una sola volta e per pochi minuti», se la prende con le «testate di destra» e contrattacca: «Chiunque continui con questa campagna diffamatoria nei miei confronti ne risponderà nelle sedi opportune». Negli scorsi giorni era stato Conte a minacciare chiunque avesse accostato Hannoun al M5s, parlando di «un tentativo vigliacco e maldestro che respingiamo al mittente, riservandoci ogni valutazione di tutela, in ogni sede opportuna». A completare il quadro delle querele del «campo largo» il deputato di Avs Marco Grimaldi, che tuona: «Non abbiamo nulla di cui scusarci. Quereleremo chiunque continui a diffondere menzogne e ad accostarci ad Hamas».
E a proposito di Avs, i due leader gareggiano a chi fa più l'indifferente. «Non ho mai sostenuto Hannoun, non è amico mio. L'ho incrociato una sola volta, diverso tempo fa, a una conferenza stampa in cui c'erano moltissime persone» si giustifica Nicola Fratoianni, in una intervista a Repubblica. E il suo «pari grado», il verde Angelo Bonelli, prima rivendica: «Noi il 7 ottobre siamo intervenuti in Parlamento per condannare duramente l'attacco terroristico di Hamas», poi parla - come molti altri - di «polemiche strumentali», infine cerca di giustificare gli incontri imbarazzanti tra Hannoun e politici della sinistra (con tanto di foto) spiegando che tutto sommato è normale: «Se seguissimo questi ragionamenti non dovremmo più incontrare nessuno» dice. Come se fosse normale, per tutti i cittadini, entrare dalla porta principale nei palazzi.
Se i leader balbettano, va avanti Ilaria Salis, all'attacco: «Quando verrà finalmente il turno delle inchieste giudiziarie per chi fiancheggia il terrorismo di Stato e il genocidio? - dice - No alla criminalizzazione dei movimenti, no alla delegittimazione della Resistenza anti-coloniale palestinese».
Intanto i candidati schierati per drenare voti in certe aree, islamo-gauchiste, cominciano a essere motivo di
ulteriore imbarazzo. Dal delegato ai giovani del Comune di Thiene («Io, Alaeddine Kaabouri, sto con Mohammad Hannoun») al consigliere di zona milanese Alessandro Corti. E il timore è che ne vengano fuori altri. Chissà quanti.