Il soccorso rosso dei "giornaloni" al governo in crisi

La stampa si schiera per salvare lo status quo agitando la minaccia di scenari apocalittici

Il soccorso rosso dei "giornaloni" al governo in crisi

La sindrome da precipizio si è diffusa a macchia d'olio nei giornaloni dei Superpoteri come il contagio dell'aviaria. Il panico è diffuso. Da un titolo d'apertura a un editoriale pensoso, ma ugualmente enfatico ansiogeno drammatico, è tutto un rincorrersi di ultimatum e apocalissi dietro l'angolo. Se cade il governo Letta, la caduta del Belpaese sarà tragica e senza appello. Anzi, il Belpaese potrebbe pure sparire, inabissarsi, piegarsi sul fianco come la Concordia di Schettino.
Uniti nel coro Il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, La Stampa e La Repubblica. Figurarsi. «Napolitano contro il Pdl: nessun golpe», assicura in apertura il quotidiano di Via Solferino. «Letta: il Pdl umilia l'Italia», spara La Stampa. «Effetto crisi su Borsa e spread», suona l'allarme Il Sole 24 ore. «Napolitano, schiaffo a Berlusconi», taglia corto Repubblica, personalizzando lo scontro con cinque dita in faccia al nemico storico.
Si sa: i Superpoteri, banche e grande finanza, hanno il loro buon gioco con le larghe e labili intese. Governo debole, poteri ancora più forti. Appunto Superpoteri. Altrimenti non si spiega un tifo tanto monocorde. Corroborato dall'apprezzamento di Marchionne per il premier, come rimarcano Corriere e Stampa: «Enrico è una persona forte, spero continui».
Insomma, i toni sono ultimativi perché il governo Letta è l'ultima spiaggia davanti al precipizio: la crisi, lo spread, il patto di stabilità eccetera. Dopo «pacificazione», è «stabilità» il nuovo mantra. E dunque, chi tocca Letta, muore. Napolitano poi: meglio non nominarlo invano. Nel suo tambureggiante editoriale sul Corriere, «Il falò della servitù» è l'elegante titolo, Antonio Polito ne decodifica il pensiero a proposito delle dimissioni annunciate dai parlamentari di Forza Italia. «Napolitano l'ha interpretato come un atto che porta il gioco politico... oltre un punto di non ritorno». Veramente, un ritorno ci sarebbe: alle urne.
Ma nell'apocalisse dominante, Polito non lo considera. Conta solo l'approvazione della legge di stabilità, principale strumento di politica finanziaria dello Stato, fissata per il 15 ottobre. «Senza di quello, l'Italia può tornare nel gorgo dove stava affogando... Vediamo chi vota per la rovina nazionale». A pagina tre, per chi non avesse ben afferrato il concetto, ci pensa Marzio Breda a spiegare «l'ira del presidente»: «Sarebbe infatti stata necessaria una virtù sovrumana», scrive proprio così il quirinalista di fiducia, «per restarsene impassibile e in silenzio davanti ai resoconti dell'assemblea Pdl». E perciò ecco che l'iniziativa delle dimissioni è «istituzionalmente inquietante». Perché ha finito per umiliare il povero Letta, in trasferta all'assemblea dell'Onu.
Sulla renziana Repubblica si schiera Ezio Mauro, parlando di «eversione bianca». Ma qui si torna al più classico dei refrain antiberlusconiani e al nemico ventennale: «Bisogna fermarlo, subito.

In Occidente non c'è spazio per questo sovvertimento istituzionale, per questa eversione bianca strisciante e ora firmata e conclamata», annuncia il direttore. Prima della chiamata finale alle armi: «Chi non la combatte è complice». Poi dicono dei toni del Giornale...

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