«Non c’è altro da aggiungere. Questa è la Chrysler di oggi. E io, come voi, sono orgoglioso di farne parte...». Sergio Marchionne, forse, avrebbevolutoaggiungerequalcosa congedandosi dal meeting dei concessionari nordamericani della rinata Chrysler accorsi al Convention center di Las Vegas, ma l’emozione è stata più forte. Pochi secondi prima, gli 800 dealer avevano assistito, in anteprima, alla proiezione dello spot interpretato da Clint Eastwood sulla rediviva Chrysler, lo stesso che poche ore dopo sarebbe stato l’evento nell’evento in occasione del Super Bowl. E il duro Marchionne, svelando il suo lato umano, si è commosso nel pieno della standing ovation che i concessionari gli hanno tributato; solo due anni fa, probabilmente, molti di questi imprenditori erano stati a un passo dal fallimento e non avrebbero mai pensato che il manager arrivato da Torino potesse ribaltare una situazione ormai al punto di non ritorno. Quella di Las Vegas è sicuramente la prima volta che Marchionne non è riuscito a trattenere le lacrime in pubblico. Inaltreoccasioni, particolarmente significative, il capo di Fiat e Chrysler era stato preda della commozione, ma senza farsi troppo notare.
È successo nel 2007, al lancio della 500, e anche quella volta a incrinargli la voce era stato lo spot (suoi i testi) che ripercorreva la storia dell’Italia e dei suoi emigranti, nei quali Marchionne si è identificato. E ancora, ma in questo caso la commozione l’aveva soffocata con una pausa e un abbraccio, il giorno in cui al Lingotto, con gli analisti e la famiglia Agnelli in platea, aveva salutato la nomina a presidente di John Elkann.
Anche a Pomigliano, il giorno della presentazione della Panda, quando ad accoglierlo è stato il lungo applauso degli operai, Marchionne si è forse emozionato. Ma a «salvarlo», quel giorno di metà dicembre 2011, sono stati il raffreddore e l’influenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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