Sono due i fascicoli aperti dalla Procura l'inchiesta

Roma I politici promettono piena collaborazione con la magistratura e buona parte dei tarantini si è già schierata con il gip Patrizia Todisco, responsabile del sequestro dell'area a caldo dell'Ilva. Ma in realtà sull'operato della Procura di Taranto, la città si è spaccata in due e se da una parte ci sono gli ambientalisti, dall'altra ci sono le famiglie di undicimila operai, che rischiano di perdere il posto.
La preoccupazione dei dipendenti dello stabilimento siderurgico più grande d'Europa è aumentata dopo l'apertura qualche giorno fa di un secondo fronte giudiziario sull'Ilva, parallelo al primo filone d'indagine in mano al procuratore Franco Sebastio, che indaga sull'ipotesi di disastro ambientale e per il quale sono già agli arresti domiciliari gli ex presidenti dell'azienda, Emilio e Nicola Riva e l'ex direttore Luigi Capogrosso.
Questa seconda inchiesta, di cui è titolare il sostituto procuratore Remo Epifani, ruota invece attorno al ruolo chiave avuto da Girolamo Archinà, l'ex consulente dell'Ilva licenziato in tronco qualche giorno fa dal custode giudiziale Bruno Ferrante. Archinà, secondo le accuse, avrebbe brigato per orientare a favore dell'azienda le ispezioni e le relazioni delle pubbliche amministrazioni al fine di ottenere il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale. Oltre a lui ci sarebbero altri quattordici indagati per concussione e corruzione in atti giudiziari, le cui posizioni sono al vaglio dei magistrati.
Ma stando a una serie di intercettazioni depositate dalla Guardia di finanza in Procura, Archinà e Fabio Riva, figlio di Emilio e vicepresidente del gruppo, avrebbero fatto pressioni su Regione, Arpa Puglia e organi ministeriali affinché l'Ilva non venisse penalizzata, ammorbidendo i controlli ambientali e correggendo anche i dati sulle emissioni inquinanti. Nel fascicolo compare anche il nome di Lorenzo Liberti, docente universitario e preside di Ingegneria nella sede di Taranto del Politecnico di Bari, che la Procura aveva scelto come consulente nell'inchiesta sull'inquinamento. L'accusa per lui è di aver ricevuto una mazzetta da diecimila euro da Archinà per fornire un parere «addomesticato» sul caso Ilva. E se è vero che ancora tutto è da dimostrare, lo è altrettanto che l'incontro tra i due è stato ripreso dalle telecamere di una stazione di servizio sulla Taranto-Bologna, che filmano perfino il passaggio di una busta bianca da una mano all'altra.
Questo secondo filone di inchiesta, basato sulle accuse mosse al gruppo dalla Guardia di finanza, si avvale anche di una serie di intercettazioni che raccontano nel dettaglio chi e come in questi anni ha finto di non vedere che l'azienda brigava per ottenere le autorizzazioni per scaricare fumi fuori ogni regola. Al centro di tutto c'è però l'Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale che il 4 agosto del 2011 il governo Berlusconi rilasciò dopo quasi otto anni di discussione. I finanzieri sospettano che in quel documento i limiti di inquinamento siano stati disegnati appositamente sulle emissioni dell'Ilva.
L'informativa della Guardia di finanza, depositata al tribunale del Riesame in occasione della discussione dei ricorsi presentati proprio dall'azienda siderurgica contro le ordinanze di custodia cautelare del gip Patrizia Todisco eseguite il 26 luglio scorso per il sequestro dei sei impianti a caldo a Taranto, dimostra che in qualche occasione Archinà è riuscito anche a pilotare sopralluoghi e verifiche della pubblica amministrazione presso lo stabilimento. Non è escluso che il fascicolo nei prossimi giorni si arricchisca di nuovi nomi e altri capitoli. Intanto in merito agli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria ieri è intervenuto il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante, che ha difeso l'operato della magistratura: «Seguiamo le indagini con grande attenzione, io ho preso provvedimenti molto chiari e netti che riguardano alcune persone coinvolte, non ammetto opacità e mancanza di trasparenza nei rapporti con la pubblica amministrazione».


Il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera chiede invece ai magistrati di ammorbidire le decisioni per «contribuire al processo di ammodernamento dell'Ilva». «In una fase così iniziale della procedura giudiziaria - sottolinea Passera - sarebbe per noi sbagliato che venissero prese decisioni irreversibili che potrebbero causare un danno non più recuperabile».

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