La sorella di Sordi denuncia: "Quei finti parenti? Avvoltoi"

Quaranta presunti familiari dell'attore decisi a impugnare il testamento: "Anche a noi tocca qualcosa". Ma Albertone ne ha sempre ignorato l'esistenza

La sorella di Sordi denuncia: "Quei finti parenti? Avvoltoi"

Il brutto affare dell'eredità Sordi è una summa di alcuni suoi film: Un giorno in pretura (per via degli strascichi giudiziari), I magliari (per via di certi personaggi controversi che millantano «stretti rapporti» con l'attore scomparso), Io so che tu sai che io so (per via delle tante bugie e verità nascoste che faranno rigirare l'Albertone nella tomba). Ma, soprattutto, L'arte di arrangiarsi (per via dei tanti avvoltoi che stanno cercando di mettere le mani sull'ingente patrimonio dell'attore). Sì, «avvoltoi», lo stesso termine usato dall'anziana sorella di Sordi, Aurelia, che mai avrebbe pensato di dover far fronte a un'orda scatenata di presunti parenti - più o meno «acquisiti» - ognuno dei quali ambisce oggi a mettere le mani almeno su un pezzetto del tesoro sordiano. Chi ha avuto modo di vedere la signora Aurelia, 96 anni, giura che la sua espressione serena è ormai scomparsa da un pezzo, trasfigurata in una maschera di lacrime e dolori. Ieri l'ennesimo colpo di grazia a mezzo stampa. Trova infatti piena conferma l'indiscrezione pubblicata ieri dal Fatto Quotidiano, secondo cui sarebbero «circa 40 le persone, mai veramente considerati familiari da Albertone, che stanno tentando la via dell'impugnazione del testamento»; si tratterebbe di una «tribù che si estende da Roma a Valmontone: orde di cugini, cognati, affini di vario grado discendenti dai genitori dell'attore». Un assalto che il quotidiano diretto da Padellaro ha efficacemente sintetizzato col titolo «Eredità Sordi, la calata dei parenti di campagna», che sembra il titolo di un film della Wertmüller. La suddetta armata Brancaleone non avrà però vita facile, considerato che per impugnare il testamento non sarà impresa facile, sia perché i tempi della giustizia civile sono quelli che sono e sia perché pare che gli aspiranti eredi non navighino nell'oro e quindi non possano permettersi avvocati di «peso». Da parte sua la signora Aurelia ha disconosciuto il questuante parentado, come dire: via, sciò, noi con questa gente non abbiamo mai avuto nulla a che fare. Muto come un pesce anche il fedele chaffeur di casa Sordi, Arturo Artadi, forse ancora scottato dal titolo che l'anno scorso La Repubblica gli dedicò in prima pagina: Le mani dell'autista sul tesoro di Alberto Sordi. Nel corso dei decenni Artadi era diventato quasi per l'attore un «figlio adottivo»: espressione che però Sordi non avrebbe mai usato, considerata la riluttanza nei confronti degli «estranei» (a chi gli chiedeva perché non avesse mai preso moglie, lui rispondeva: E che... me metto un'estranea in casa?). Grate per i servigi dell'autista erano anche le sorelle Sordi, Aurelia e Savina, che per una vita hanno accudito il fratello nella solenne villa di famiglia sull'Appia, tra le terme di Caracalla. Poi, un brutto giorno, Savina morì e a prendersi cura di Alberto rimase solo Aurelia. Ma, a loro fianco, c'era sempre lui: l'onnipresente Arturo, autista, ma non solo. «Uomo di fiducia». Tanto di fiducia che la «signorina» Aurelia gli aveva concesso anche una procura bancaria per la movimentare di somme al di sotto di certe cifre. Apriti cielo. La banca si insospettì e segnalò la cosa in procura che poi, però, scagionò definitivamente il buon Arturo. Che infatti, ancora oggi, è al servizio della sorella dell'attore. Un patrimonio, quello dell'attore-simbolo dei cinema italiano, stimabile in varie decine di milioni tra valori mobili e immobili. Un bottino che ha scatenato appetiti famelici. Da lassù Albertone pensa forse trama di un suo vecchio film: Arrivano i dollari.

La storia di un'eredità contesa in cui lui interpretava il ruolo di «zio Arduino», nobile decaduto che al suo fido maggiordomo riservava «pappone» e «gusci di noce»; in alternativa ci sarebbe pure la mitica frase pronunciata dal Marchese del Grillo: Io so io... e voi non siete un cazzo! Ma certe cose in paradiso non si possono urlare. O no?

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