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Sorpresa, Rodotà flirta con Napolitano

Il costituzionalista è stato sempre critico con re Giorgio, ma ora che sogna di fare il vicepresidente del Csm dice: lo stimo

Sorpresa, Rodotà flirta con Napolitano

Roma - Napolitano? Giorgio II? «Io l'ho sempre stimato», sostiene adesso Stefano Rodotà. Anzi, «indica la strada giusta». Di più: «Le parole del presidente della Repubblica, che ho trovato gratificanti personalmente, sono obbiettivamente molto importanti perché rimettono sui binari la discussione sulle riforme». Ma come, non erano nemici giurati? Dov'è finito il rancore del giurista cosentino contro chi l'ha sempre battuto? Puff, evaporato. Non sarà, sospettano i maligni, una forma di captatio benevolentiae, ora che il Csm sta per essere rinnovato?
Chissà, forse è bastata davvero quella frase del capo dello Stato, quella minima apertura ai professori per ricucire un antico strappo. «Resto disponibile al confronto verso le posizioni critiche di alcuni costituzionalisti con cui sono stato legato in tempi non lontani da rapporti di stima reciproca e di consuetudine amichevole», ha scritto l'altro giorno Napolitano nella sua lettera al direttore del Corriere della Sera. Una piccola mano tesa dopo mesi di polemiche. Comunque sia, Rodotà l'ha stretta subito.
In ballo infatti c'è il nuovo Consiglio superiore della magistratura. L'organismo, eletto per due terzi dai magistrati e per un terzo dal Parlamento, è presieduto dal capo dello Stato ma di fatto, nell'ordinaria amministrazione, viene coordinato dal vicepresidente, che dovrà essere scelto dai componenti del Consiglio. In quella poltrona, oggi occupata da Michele Vietti, un settore di Md e la componente filo-grillina dei magistrati ci vedrebbe benissimo un «duro e puro» come Stefano Rodotà.
Bisognerà vedere se il costituzionalista è disponibile a correre anche questa corsa, con il forte rischio di perderla. Rodotà sicuramente non troverebbe sponde nel Pd di Matteo Renzi, per non parlare del Cavaliere. Tra le toghe di sinistra forse è più popolare, ma per lui sarà difficile ottenere i numeri. E siccome da sempre sulla scelta del vicepresidente non è indifferente l'opinione del Quirinale, ecco qui un ottimo motivo per la manovra di riavvicinamento.
C'eravamo tanto odiati. Compagni di partito, quasi coetanei, i due si sono quasi sempre trovati su sponde opposte. Rodotà, 80 anni, entrò alle Camera nel 1983 come indipendente nelle file del Pci, poi nel 1987 diventò il primo presidente del Pds ma nel 1992 subì la prima sconfitta ad opera di Napolitano. Lui era il candidato del Pds alla presidenza di Montecitorio, però fu scaricato proprio in favore dell'attuale capo dello Stato. Rodotà, carattere fumantino, la prese malissimo e lasciò gli incarichi alla Camera e al partito. Si consolò con il Consiglio d'Europa e con la guida dell'autorità per la difesa dei dati personali. E l'anno scorso la seconda batosta, sempre per mano dello stesso avversario.
Da quel momento Rodotà, pur condannando gli attacchi grillini, ha mantenuto un profilo altamente critico nei confronti del Colle. Dai rapporti con Berlusconi alla nascita del governo Letta, fino agli F-35, non c'era nessuna scelta del presidente che condividesse. Ora si cambia. Certo, Rodotà con il Cavaliere non vorrebbe parlare di riforme, e «la scelta delle larghe intese non mi convince». Ma Napolitano «si è messo così non solo per rendere possibile la governabilità ma anche per dare una spinta alle riforme». E poi, dice, ci sono quelle parole «nuove» sui professori che Rodotà considera una frecciata al governo, da lui non molto ben considerato.

«Stiamo toccando un terzo della Costituzione, una questione di tale portata esige una discussione aperta pure alle critiche più dure».

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