Qualche passo indietro sul ricorso alle partite Iva da parte delle aziende, che nella versione originale della legge era stato fortemente limitato, e sui contratti a termine. Limature anche all’articolo 18, in particolare con la norma anti furbi per impedire vie burocratiche per eludere la legge. Poi qualche tutela in più per il più atipico dei contratti, i co.co.pro. La fase due dell’Iter parlamentare della riforma del ministro Elsa Fornero ieri è arrivata alla fase clou, con la presentazione in Senato degli emendamenti del governo e dei relatori.
È toccato a questi, Maurizio Castro del Pdl e Tiziano Treu del Pd, farsi carico delle correzioni sulla flessibilità in entrata, richieste dalle aziende e dal centrodestra. Il risultato è un accordo politico che ha accontentato anche il Pdl, arrivato a un passo dalla rottura nei giorni scorsi. Dopo giorni di confronto aspro, il capogruppo alla Camera Maurizio Gasparri, ha «registrato con soddisfazione l’accettazione di molte delle nostre proposte, che cambiano in positivo il testo del Ddl soprattutto in materia di flessibilità in entrata».
Non mancano strascichi, come dimostra l’annuncio dato ieri dall’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, scontento per le molte rigidità che restano nel nuovo testo. Non parteciperà ai lavori parlamentari del ddl «per un doveroso rispetto all’iniziativa del mio gruppo parlamentare che ha consentito di conseguire concreti risultati. Ma anche per coerenza rispetto a un percorso riformatore avviato nel 2002 sulla base dei consigli di Marco Biagi».
I cambiamenti riguardano in particolare le partite Iva. La stretta prevista dal testo approdato a Palazzo Madama risulta parzialmente ammorbidita dagli emendamenti dei relatori. In particolare è prevista una soglia di reddito, 18mila euro, al di sopra della quale non si presumerà più che siano finte. Nel ddl, ricorda il relatore, si prevede che le partite Iva vengono considerate collaborazioni coordinate e continuative se durano per più di sei mesi in un anno, se dal corrispettivo deriva più del 75% del reddito totale annuo, se c’è la postazione di lavoro presso la sede del committente. Con la proposta di modifica si passa a otto mesi e all’80%. Inoltre, ha spiegato Castro, «nel caso in cui vi sia un percorso formativo o professionale significativo, in presenza di un reddito complessivo da lavoro autonomo annuo lordo non inferiore a 18.000 euro, vengono escluse tutte le presunzioni».
Sempre made in Pdl, un’altra modifica, quella che raddoppia la durata del primo contratto a termine che può essere stipulato senza causale e passa da sei mesi a un anno. In caso di start up, lancio di nuovi prodotti, cambiamenti tecnologici, seconde fasi di progetti, i contratti collettivi potranno prevedere la riduzione del periodo di pausa tra un contratto e l’altro che passa a 20-30 giorni in luogo dei 60-90 giorni previsti nel ddl. Meno paletti sull’apprendistato. Di fatto si potrà sempre assumerne uno nuovo. E scompare il vincolo delle assunzioni degli apprendisti (almeno il 50% nei 36 mesi precedenti al nuovo).
Modifiche che sono piaciute anche alla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Nei giorni scorsi aveva bocciato la riforma, ieri ha detto che il testo «è migliorato» e che il ddl può anche aiutare le imprese.
Nessuna novità sui contributi delle partite Iva e degli atipici, destinati ad aumentare di sei punti percentuali. «Serve ai giovani per avere pensioni più dignitose quando usciranno dal mercato del lavoro. Nulla di quanto versato verrà perso», ha assicurato Fornero, rispondendo, in un forum, alle partita Iva infuriate.
Tra gli emendamenti ci sono semplificazioni, come quelle per il lavoro a chiamata. Per attivarlo basterà un semplice sms alla direzione territoriale del lavoro, ma chi se ne dimentica rischia una multa da 400 a 2.400 euro. Il Pd incassa due misure sulle collaborazioni. In particolare un’indennità ai lavoratori parasubordinati. Si rafforza, in sostanza, la cassa in deroga prevista da Sacconi, in attesa del nuovo sussidio di disoaccupazione, la mini Aspi e poi l’Aspi vera e propria. Con la nuova norma «se uno lavora da sei mesi a un anno dovrebbe prendere 6.000 euro», ha spiegato Treu. Poi viene introdotto un salario di base per i cocopro. «Viene individuato un parametro economico - ha spiegato Castro - per una remunerazione nella media tra i minimi del lavoro autonomo e dei contratti».
Anche il governo ha presentato emendamenti. E si tratta per lo più di correzioni di «refusi», come quello famoso che cancellava l’esenzione dei ticket sanitari per i disoccupati.
Arriva la possibilita di scambiare il congedo parentale con voucher per acquistare servizi di baby sitting. Poi sull’articolo 18, si definiscono i tempi della giustizia e degli eventuali ricorsi. Un modo per evitare che si prolunghino i tempi per evitare il giudizio sul reintegro o sull’indennizzo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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