Sulla riforma del lavoro adesso Monti stringe i tempi

Il premier, che vuole presentare il testo con poche modifiche entro Pasqua, incontra i leader di Pdl, Pd e Udc. Il Prof: "Sciolti tutti i nodi". Bersani: "Abbiamo detto la nostra"

Sulla riforma del lavoro adesso Monti stringe i tempi

Roma - Tempi stretti per la riforma del lavoro. Deve essere chiusa prima di Pasqua, con una soluzione che renda inattaccabile il disegno di legge. I dubbi della Ragioneria sugli ammortizzatori. Poi un numero di esodati esclusi dalla riforma delle pensioni molto inferiore rispetto ai 350 mila stimati nelle ultime settimane, ma superiore rispetto alle prime previsioni del governo: circa 150 mila.
Al ritorno dalla missione in Asia Mario Monti ha trovato almeno tre dossier molto impegnativi. Innanzitutto la riforma lavoro.

I contenuti del provvedimento (si tratta di tradurre il documentone che il governo ha approvato “salvo intese“ il 23 marzo, in un disegno di legge) in mattinata sono stati oggetto di diversi contatti tra il presidente del Consiglio, i ministri Elsa Fornero e Corrado Passera. Poi di un vertice notturno di maggioranza tra il premier, il sottosegretario Antonio Catricalà e i leader di Pdl, Pd e Udc, Alfano, Bersani e Casini.
Contatti che sono serviti a decidere alcune modifiche limitate alla riforma, anche perché l’intenzione del governo, e in particolare del ministro del Lavoro, è di mantenere il testo del Ddl che sarà presentato in Parlamento il più possibile fedele alla riforma delineata nel documento varato due settimane fa. Le indiscrezioni di stampa uscite in questi giorni, in particolare l’onere della prova a carico del datore in caso di un licenziamento economico che il giudice giudica discriminatorio, sono solo ipotesi. Dovrebbe arrivare un rafforzamento della conciliazione, cioè un tentativo di accordo tramite i rappresentanti sindacali.

Se la maggioranza troverà un’intesa, le modifiche saranno inserite nel ddl varato dal governo. Se non ci sarà, tutto viene rinviato in Parlamento. E in questo caso il governo potrebbe decidere di andare avanti da solo, mantenendo l’impianto originario della riforma.

Sulla bilancia ci sono le due proposte. Da una parte quella del Pd che sull’articolo 18 chiede di far tornare il reintegro sui licenziamenti economici, per i quali al momento c’è solo l’indennizzo. Dall’altro lato, il Pdl chiede di allentare le nuove rigidità introdotte nei contratti. In particolare sulle partite Iva, con il limite di reddito oltre al quale il rapporto professionista-azienda può diventare subordinato, sull’apprendistato, con la quota minima di assunzioni per poterne stipulare di nuovi, e sul contratto a termine, aggravato da un aliquota contributiva più alta.
A puntare i piedi su queste richieste (che accomunano il centrodestra e Confindustria) ieri è stato il Pdl, a partire da Silvio Berlusconi. «Se ci sono modifiche», ha avvertito il segretario Angelino Alfano, «anche noi abbiamo le nostre proposte». Giuliano Cazzola è arrivaro a ipotizzare sull’articolo 18, l’accoglimento del «modello tedesco» voluto dal Pd per fare passare le proposte Pdl sulla flessibilità, ma anche perché le ipotesi di compromesso uscite in questi giorni sono «arzigogolate».

Il vertice Monti-Abc di ieri è stato dettato dalla volontà del premier di accelerare i tempi e presentare il testo prima di Pasqua. Fornero ieri ha annunciato la presentazione «al massimo» per stamattina. Possibile che il premier si prenda un altro giorno per pesare e limare gli articoli redatti dai tecnici del dicastero del Lavoro e della giustizia (per la parte che riguarda i tempi delle cause di licenziamento). E anche per lasciare qualche giorno in più al Pd per prepararsi a un eventuale strappo dalla Cgil, inevitabile se Bersani cederà, anche se di poco, sui reintegri.
Altro argomento caldissimo per il governo, quello delle coperture. La Ragioneria ha puntato i piedi sui nuovi ammortizzatori, che sono troppo costosi, ma che sono la condizioni per fare accettare la riforma ai partiti e ai sindacati, ancora sul piede di guerra (il segretario della Uil Luigi Angeletti ieri ha «licenziato» il ministro del Lavoro con una battuta: «Articolo 18 ed esodati, sono giusta causa per Fornero»).

L’altro capitolo è appunto quello degli esodati. Ieri si è insediato al Ministero del Lavoro il tavolo tecnico con la Ragioneria e l’Inps per decidere il numero di ex dipendenti usciti dalle aziende, per i quali non varrà la riforma delle pensioni. Il giuslavorista Pd Pietro Ichino ieri ha sottolineato come il numero degli esodati circolato negli ultimi giorni, 350mila, sia eccessivo.

La cifra che dovrebbe uscire tra una settimana, quando il tavolo avrà terminato i suoi lavori, dovrebbe infatti aggirarsi intorno ai 150mila esodati. Meno rispetto alle stime più recenti, ma più dei 60-70mila previsti dal governo.

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