Super Mario "Potere Operaio" e "HikikoMoro". I poster choc che rendono "pop" il terrorismo

Così le tragedie causati dai terroristi rossi durante gli Anni di Piombo vengono usate per creare un cortocircuito generazionale dove il terrorismo diventa icona pop

Super Mario "Potere Operaio" e "HikikoMoro". I poster choc che rendono "pop" il terrorismo
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Esiste un sottobosco culturale dove i precetti del terrorismo non solo non sono stati dimenticati ma, anzi, quell'ideologia è ancora viva e viene alimentata soprattutto da giovanissimi in una chiave inedita ma allarmante. Il terrorismo viene usato in chiave ironica, le stragi e i gravi fatti di cronaca dei gruppi armati rossi diventano oggetto di culto e poster. È una distorsione storica che si fa spazio soprattutto tra gli studenti, le nuove generazioni che sono anagraficamente distanti dagli anni del terrore e ai quali non vengono dati gli strumenti adeguati per discernere e capire cosa sia stata quell'ideologia. La dimostrazione lapalissiana di questa tendenza si ha nelle piazze, dove si invocano i cori che hanno fatto la storia degli Anni di Piombo e si arriva perfino a fare il segno della "P38", l'arma che ha contraddistinto il terrorismo politico degli anni Settanta e Ottanta. Il tentativo di dare una dimensione "pop" al terrorismo rosso si evidenzia anche in una serie di prodotti che si possono facilmente acquistare sul web e che vengono liberamente promossi sui social, dove si evocano i peggiori casi di cronaca legati a quei movimenti.

Sono stati da poco lanciati dei poster, un'intera serie, dedicata proprio ai gruppi, e agli eventi, del terrorismo rosso degli anni Settanta e Ottanta, alle ideologie del comunismo sovietico. Uno dei prodotti più inquietanti è un poster dedicato alla leggenda del videogiochi Super Mario, fin qui nulla di strano se non fosse che il sottotitolo è "Potere Operaio", il cappello presenta "falce e martello" e il personaggio impugna una molotov. A voler cercare un'interpretazione, può essere trovata tornando indietro nel tempo al 16 aprile 1973, quartiere Primavalle di Roma. Alcuni militanti dell'estrema sinistra, individuati proprio in esponenti di Potere Operaio, si presentarono sotto casa di Mario Mattei, ex netturbino e segretario del Movimento Sociale Italiano. Volevano incendiare la sua casa e cosparsero la porta d'ingresso con 5 litri di benzina. Voleva essere un atto intimidatorio e si trasformò in una tragedia, perché dopo aver versato il liquido infiammabile si generò un'esposione causata da un innesco artigianale che fece divampare l'incendio in tutto l'appartamento. Tutti riuscirono a uscire di casa, tranne due dei figli di Mario Mattei, Virgilio e Stefano, rispettivamente di 22 e 10 anni, che morirono tra le fiamme.

Nel carnet di poster fa bella mostra di sé, tra gli altri, un prodotto dedicato ad Aldo Moro, rapito il 16 marzo 1978 dalle Brigate Rosse, che fecero ritrovare il suo cadavere nel cofano di una R4. "HikikoMoro", si legge nell'intestazione del poster che vede al centro l'immagine di Moro divenuta storica con lo sfondo della bandiera delle Br. Anche in questo caso nel tentativo di dare un'interpretazione a questo manufatto non si può che pensare a una ridicolizzazione della figura dell'ex presidente del Consiglio, trasformato contro la sua volontà dai terroristi in uno "hikikomori". Nella società giapponese vengono così definite le persone che, a un certo punto della loro vita, decidono di alienarsi dal mondo per condurre una vita in solitaria dentro casa, reclusi volontari senza contatti col mondo. Moro trascorse due mesi nelle mani delle Brigate Rosse, sequestrato e tolto dalla sua vita, prima di essere ucciso e il gioco di parole scelto da chi ha realizzato questo prodotto associa la figura dello statista ai "reclusi volontari". Si tratta di una normalizzazione, o peggio, estetizzazione del fenomeno terroristico, che rischia di anestetizzare la memoria storica e banalizzare il dolore delle vittime.

Questa operazione culturale, che trasforma il tragico repertorio degli Anni di Piombo in merce pop non è solo un atto di scarsa consapevolezza storica ma è una deriva etica. Le nuove generazioni non percepiscono più il terrore e la violenza omicida di quei gruppi, ma solo un'estetica radicale e provocatoria.

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