La telefonata agli amici: "Pronto? Sono il Papa..."

Il primo pensiero di Bergoglio è per chi gli vuole bene. Appena eletto ha chiamato Stefania e Gianni. E ricordato chi non c'è più

La telefonata agli amici: "Pronto? Sono il Papa..."

Città del Vaticano - Pronto, sono il Papa. Chissà che esperienza dev'essere ricevere una telefonata dal Santo Padre. È accaduto l'altra sera, era trascorsa un'ora dalla benedizione Urbi et Orbi quando, a casa di Stefania Falasca e Gianni Valente è squillato il telefono. Giornalisti entrambi, sposati e con due figli, Stefania e Gianni sono amici di vecchia data del cardinal Bergoglio. Ogni volta che passa per Roma va a cena a casa loro. L'ultima serata «in famiglia» è stata sabato scorso, pochi giorni prima dell'inizio del Conclave. E l'altra sera, non appena eletto, padre Bergoglio li ha chiamati «per salutarli».

È ancora emozionata Stefania nel raccontarlo allo Speciale del Tg2 condotto da Lucio Brunelli. 49 anni, già redattrice del mensile internazionale 30 giorni come il marito, Stefania ha curato reportage sulla vita della Chiesa e pubblicazioni su figure importanti della storia del cristianesimo. L'amicizia con il cardinale risale al 2002 quando, durante un viaggio in Argentina, suo marito riuscì a intervistarlo a Buenos Aires. «Da allora è nata un'amicizia...». Quando veniva a Roma, al sabato, andava spesso a celebrare messa in san Lorenzo fuori le Mura con don Giacomo Tantardini, il sacerdote per molti anni responsabile di Comunione e Liberazione a Roma e fondatore di 30 giorni. Tra loro intercorreva un rapporto di profonda affinità cristiana. Meno di un anno fa, il 6 maggio 2012, ricordando don Giacomo da poco scomparso, il futuro Papa lo descriveva come «un uomo-bambino che non ha mai finito di stupirsi». E citando la Lettera agli Ebrei esortava i suoi ragazzi a considerare l'esito finale nella vita «dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola» e a imitarne la fede. Nel gennaio 2001, a Buenos Aires aveva presentato L'attrattiva Gesù scritto da don Giussani «per due ragioni. La prima è il bene che negli ultimi dieci anni quest'uomo ha fatto a me, alla mia vita di sacerdote, attraverso la lettura dei suoi libri e dei suoi articoli. La seconda è che sono convinto che il suo pensiero è profondamente umano e giunge fino al più intimo dell'anelito dell'uomo».

A Roma, Bergoglio alloggiava alla Casa del clero e amministrava le cresime a chi lo chiedeva.

«L'altra sera rientravamo da piazza san Pietro e il telefono è squillato», racconta Falasca. «Lui era come al solito, con la sua delicatezza. “Ma adesso come devo chiamarla? Santità? Santo padre?”. Lui si è messo a ridere. Anzi, ha sorriso».

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