Le strade, almeno formalmente, restano tutte aperte. Anche se al momento la strategia rimane quella del low profile imposta giorni fa dall'avvocato Coppi: nessuna dichiarazione anti-giudici né tantomeno critiche all'operato della magistratura. E non solo da parte di Berlusconi ma pure degli esponenti del Pdl, tanto che sulla condanna di Del Turco sono stati in pochissimi ad esporsi pubblicamente. Un modo per arrivare alla sentenza della Cassazione attesa per martedì o mercoledì in un clima disteso. Poi, certo, si vedrà. E si deciderà il da farsi anche in base al pronunciamento della Suprema Corte. Nonostante la linea Coppi, infatti, il Cavaliere continua a valutare tutte le soluzioni, compresa quella del ritorno alle urne. Non a caso quando ieri sera si è recato negli uffici al pian terreno di piazza Grazioli per guardare per la prima volta il docu-film Il fiume della libertà - che ripercorre gli ultimi venti anni della storia Cavaliere, dal '94 ad oggi l'ex premier non ha escluso di poterlo utilizzare in un'eventuale campagna elettorale un po' come fece nel 2001 con l'opuscolo Una storia italiana. L'idea che si possa tornare velocemente alle urne, insomma, non è stata messa del tutto da parte.
D'altra parte, se la Suprema Corte confermasse la condanna detentiva e l'interdizione dai pubblici uffici per Berlusconi è chiaro che il governo Letta non potrebbe non sentirne le conseguenze. Non tanto perché davvero il Cavaliere sia intenzionato a mettere in crisi l'esecutivo come «ritorsione», quanto perché sarebbero gli stessi partiti della maggioranza ad andare in ebollizione. Nel Pdl, per esempio, il presidente della commissione Affari costituzionali Sisto parla di «conseguenze difficilmente controllabili» mentre la vicecapogruppo Gelmini immagina «inevitabile una reazione a quello che sarebbe un giudizio non solo su Berlusconi ma su tutta la nostra storia». E così nel Pd c'è già chi ha detto chiaro e tondo che non si potrebbe non prendere atto di una condanna in via definitiva del leader del Pdl.
Poi, certo, chi conosce bene Berlusconi sa anche che dopo questi lunghi giorni di silenzio una sentenza negativa potrebbe anche scatenare la reazione di un Cavaliere che a quel punto non è escluso che metta da parte la testa per seguire quel che gli dice la pancia. E allora sì il banco rischierebbe davvero di saltare.
Soprattutto a guardare lo scenario che si va delineando in queste ore: sul fronte economico e su quello riforme. Per quanto riguarda il primo, fa notare il presidente della commissione Finanze Capezzone, «il governo sta introducendo la sua prima nuova tassa» aumentando l'Iva su bevande e merendine dei distributori automatici e sui gadget dei prodotti editoriali. Una cosa «inaccettabile» per il Pdl che in queste ore punta il dito anche sull'Imu. Al question time al Senato, infatti, il premier Letta ha dribblato la domanda di Schifani sulla tassazione per gli immobili. «Ne riparleremo, visto che non c'è stato modo di ascoltarla sul tema», ha replicato Schifani.
Ma è anche il capitolo riforme ad agitare le acque. L'ostruzionismo del M5S, infatti, rischia seriamente di far slittare a dopo la pausa estiva il cosiddetto cronoprogramma per le riforme istituzionali (la conferma la si avrà oggi, quando si riunirà la commissione Affari costituzionali). Di fatto, significherebbe arrivare a dicembre a mani vuote e i 18 mesi di tempo su cui si era impegnato il governo Letta per chiudere l'iter andrebbe di fatto a farsi benedire. Di questo nell'esecutivo si ritiene responsabile non solo il M5S ma anche Sel e la gestione dell'Aula del presidente della Camera Boldrini, considerata per usare un eufemismo - troppo permissiva.
Economia e riforme, insomma, rischiano di essere insieme ovviamente alla giustizia i temi caldi delle prossime settimane.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.