Roma - Quattro patrimoni e un (mezzo) funerale. Le esequie sono rinviate, grazie ad un colpo di reni di Di Pietro che risuscita il partito dato per morto (ma ancora ricchissimo) da una delibera del suo stesso ufficio di presidenza il mese scorso. All'esecutivo nazionale convocato in gran fretta all'Hotel Marriott di Roma, mancano i dirigenti che a fine marzo, dopo il clamoroso flop di Ingroia, hanno deciso a maggioranza la liquidazione dell'Idv e il lancio di «una nuova proposta politica». Vale a dire Leoluca Orlando in primis, poi l'ex capogruppo al Senato di Idv, Felice Belisario, e gli altri tre (su dieci compreso il presidente Di Pietro) che nel massimo organo del partito hanno messo in minoranza i quattro contrari alla «chiusura dell'esperienza politica dell'attuale soggetto politico-giuridico Idv (codice fiscale n.90024590128)». Ma chi erano gli altri tre ad aver certificato lo stato di morte del partito di Tonino? L'assemblea di cento e passa dirigenti riuniti nella sala dell'albergone sul raccordo anulare non fa che chiederlo a gran voce, surriscaldando l'atmosfera. Il testo di quella delibera (che ha provocato «una gravissima ricaduta mediatica per il partito») non è mai stato diffuso alla base Idv, ma resta coperto da un velo di mistero. Il dubbio atroce riguarda soprattutto la tesoriera nazionale Silvana Mura, ex deputata e fedelissima di Di Pietro, che ha firmato il comunicato con cui si ufficializzava lo scioglimento dell'Idv deciso dalla incriminata delibera. «Tu hai votato lo scioglimento? Dillo!», rumoreggiano dal fondo. E lei, in modo obliquo, mentre dal podio casca per terra il simbolo Idv («è simbolico!», ironizza un dipietrista toscano) ammette di sì, di aver appoggiato quella decisione, «ma per dare vita a una nuova fase», non per rottamare l'Idv e Tonino. Anche perché l'altro dubbio atroce riguarda proprio lui, il fondatore. Perché Di Pietro si è astenuto, in quell'ufficio di presidenza del 26 marzo, e non ha invece votato contro, portando così in parità i due schieramenti e impedendo la delibera? Forse Di Pietro era realmente convinto di chiudere l'Idv, come aveva peraltro già detto nei mesi scorsi? Possibile, ma in questi venti giorni qualcosa dev'essere cambiato, e Tonino si è convinto di non dover celebrare più il funerale del partito, ma di risuscitarlo, facendo approvare dall'esecutivo un documento che di fatto mette fuori dall'Idv Orlando e gli altri «traditori», di cui la gran parte dei dirigenti chiede l'espulsione. «Il partito si sta liberando di persone che erano salite sul carro del vincitore - ringhia l'ex pm - Stiamo ripartendo dall'Italia dei Valori delle origini».
I fondi per andare avanti non mancano, anzi. In cassa ci sono 16,9 milioni di euro, di cui 4,5 sui conti correnti e 8 milioni in fondi di investimento bancari. La campagna elettorale fallimentare per Rivoluzione civile è costata a Di Pietro circa un milione di euro, buttato alle ortiche, ma pazienza. Si ricomincia dalla foto di Vasto, con l'assemblea che vota la conferma di quella vecchia linea: «Alleanza col centrosinistra, in particolare col Pd. Lo scrivo in particolare col Pd? - domanda Di Pietro mentre verbalizza sette ore di esecutivo a mano, personalmente - Sì? No? Va bene, lo metto». Poi una stoccata al Pd: «È colpa dell'ingordigia di Bersani se stiamo in questo casino! Pensava di vincere da solo, io e Ingroia gli abbiamo scritto due lettere, ci ha snobbati! Si è tolto di casa la moglie vecchia col bastone per poi finire a chiedere l'elemosina a Grillo, che propone le stesse cose che diciamo noi da anni!». Ce n'è una anche per Grillo: «Noi qui oggi siamo in streaming, facciamo una riunione politica pubblica, non ce ne andiamo in un agriturismo!». E se Bersani facesse la corte a lui, invece che a Grillo, non gli risponderebbe vaffa.
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