"Dalla Tobagi solo pregiudizi ideologici"

Antonio Verro, consigliere Rai del Pdl, contro la collega Pd: "Le sue critiche al programma di Porro delegittimano il Cda"

"Dalla Tobagi solo pregiudizi ideologici"

Alla consigliera d'amministrazione della Rai Benedetta Tobagi non è piaciuto «Virus - Il contagio delle idee» che ha debuttato mercoledi sera su Raidue. Soprattutto non le è piaciuta la ricostruzione di un dialogo tra il conduttore e un «falco» del Pdl rappresentata in un retroscena con degli attori. Ieri il consigliere Antonio Verro del Pdl ha replicato alla collega Tobagi osservando che improvvisandosi critico televisivo «delegittima il suo ruolo e le funzioni del Cda».

Consigliere Verro, quello di Porro è un «Virus» che fa litigare?
«Il virus di Porro è di non essere di centrosinistra e di non essere antiberlusconiano».

Più che un virus, un peccato originale.
«Un peccato originale in un Paese in cui tutto è consentito a coloro che si proclamano di sinistra».

Che cosa non le è piaciuto delle critiche di Tobagi al programma di Raidue?
«La pregiudiziale ideologica che a mio modo di vedere è alla base delle sue critiche. Criticare un programma dopo la prima puntata mi sembra una forma di accanimento ideologico».

Ma anche lei, in passato, quando c'era di mezzo Santoro per esempio, non risparmiava reprimende...
«Non le risparmiavo perché non ritenevo che quel modo di fare informazione, fazioso e di parte, corrispondesse alla missione del servizio pubblico».

La Tobagi non ha digerito la ricostruzione romanzata di un dialogo con i cosiddetti falchi del Pdl...
«Ha criticato in modo troppo meticoloso la ricostruzione di un retroscena. Per conto mio tutto questo serve solo a ostacolare chi è di centrodestra. La riprova sta nel fatto che la Tobagi, in possesso di un'altissima opinione della donna, è rimasta silente sul caso che ha visto protagonista Ravetto, costretta ad abbandonare lo studio del programma di Parenzo su Raitre perché maltrattata da Busi».

Per tornare a «Virus», la Tobagi è entrata in un terreno che non le compete?
«Analizzare tecnicamente nello specifico un talk show non è compito di un consigliere d'amministrazione, ma di un critico televisivo. Un consigliere può pronunciarsi sulla rispondenza di un programma ai suoi obiettivi editoriali. Detto questo, tutto è legittimo. Ma in un momento di pacificazione nazionale e di governo di larghe intese certe dichiarazioni divisive sono poco opportune».

Queste critiche sarebbero un fuoco di sbarramento verso un conduttore di parte avversa?
«È una lettura maliziosa di quello che ha detto la Tobagi, ma ci sta. Ripeto: lo stesso zelo non ha dimostrato sul caso, assai più grave, della Ravetto offesa nel programma di Parenzo».

Il fuoco di sbarramento era già iniziato con il voto contrario ai palinsesti in Cda. La Tobagi è coerente.
«Da questo punto di vista sì. In quella circostanza la critica a Porro non si è esplicitata. Ma le considerazioni della Tobagi partivano dal fatto che avrebbe voluto una linea editoriale più spostata a sinistra. È paradossale che Porro, unico di centrodestra, venga criticato in un mondo dominato da giornalisti e conduttori dell'altra parte politica».

Ci sarebbe Bruno Vespa...
«Ma Vespa è un moderato, un governativo per definizione, non uno schierato col centrodestra».

Tobagi e Colombo hanno fatto nomi e proposte di programmi «più a sinistra»?
«Hanno proposto inchieste sul disagio nelle carceri. Programmi che trattassero l'ateismo alla stessa stregua della religione. Colombo caldeggiava una serie di puntate sulla Costituzione condotta da Zagrebelsky».

I palinsesti Rai non sono troppo timidi finendo per lasciare l'innovazione strategica in mano ad altri soggetti?
«Si poteva osare di più puntando sulla sinergia tra le varie piattaforme.

Attribuisco questa timidezza alle esigenze di sforbiciare tra reti e produzioni. Però qualche passo avanti si è fatto. Il programma di Porro e la digitalizzazione del Tg2 vanno in questa direzione. Nessuno ha la bacchetta magica...».

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