Politica

Toti alla prima attacca: "Il Pd? Confusionario"

Esordio alla convention organizzata dalla Gelmini: centrodestra unito alle amministrative

nostro inviato a Brescia

Il giorno del debutto Giovanni Toti arriva da solo, alla guida del Range Rover verde, in leggero ritardo sul programma predisposto da Mariastella Gelmini. Ai giornalisti, fino a pochi giorni fa colleghi e ora controparti, si presenta così: «Un attimo, mettiamoci bene per le inquadrature». L'ex direttore di Tg4 e Studio Aperto, ora consigliere politico di Silvio Berlusconi, è pienamente calato nel nuovo ruolo. Le prime parole sono un attacco al governo e al Pd. «Leggendo i giornali sembra di essere tornati al 1998: Letta bis, staffetta, rimpasto, rimpastino. Letta e Renzi come Prodi e D'Alema: se questa è la novità del grande popolo delle primarie, francamente mi sembra un po' poco. Noi siamo all'opposizione, che possiamo dire? Speriamo facciano bene per il Paese».

La prima uscita pubblica di Toti, doppiata nel pomeriggio a Milano, mette il sigillo a un'operazione abile. La Gelmini, coordinatrice di Forza Italia in Lombardia, ha convocato le varie anime del centrodestra nella sala congressi di un albergo di Brescia pavesata da tricolori. Fratelli d'Italia, Lega Nord, Udc, Nuovo centrodestra, tutti hanno risposto all'appello. L'obiettivo immediato è quello delle elezioni amministrative di primavera: 143 comuni bresciani vanno alle urne, un migliaio in tutta la Lombardia. «Abbiamo perso in molte località a causa di divisioni e personalismi, è ora che ci rimettiamo insieme sul serio», dice l'ex ministro. Ma il bersaglio grosso è un altro: la coalizione che si presenterà alle elezioni politiche contro Matteo Renzi. I sondaggi, tutti («anche quelli di Ballarò», sottolinea Toti), dicono che il centrodestra è in testa. Il blocco moderato è ancora maggioritario nel Paese, come lo era nel 1994, tant'è vero che il Cavaliere evoca di continuo «lo spirito del ‘94». E come vent'anni fa è scattato il tentativo di unire le forze accantonando i motivi di dissidio perché «il nuovo sistema elettorale, che Forza Italia si è impegnata a varare con Renzi, non consente strade diverse». L'iniziativa di Mariastella Gelmini mostra che questa voglia di unità parte dal territorio, dalla base elettorale, non dalle segreterie. Molti spigoli sono da smussare. Il leghista Paolo Formentini ricorda che «l'articolo 1 del nostro statuto vuole l'indipendenza da questa Europa e da Roma»; ma l'ex ministro Paolo Romani gli ricorda che «la Lega ha tre governatori al Nord anche con i nostri voti, noi non ci lamentiamo, lavoriamo per garantire al Carroccio una presenza in Parlamento, ci aspettiamo altrettanta lealtà». Viviana Beccalossi (Fdi) e Andrea Bonetti (Udc) danno piena disponibilità; più restio Mauro Parolini, consigliere regionale di Ncd, che si limita a citare il «nuovo inizio» auspicato dall'arcivescovo Angelo Scola.

Ma «non c'è alternativa a riorganizzare assieme la nostra metà campo», dice la Gelmini con metafora sportiva. «Siamo ancora maggioranza nel Paese, e il merito non è dell'Italicum ma di Silvio Berlusconi e delle nostre idee liberali e moderate». Un programma incarnato in Alessandro Mattinzoli, seduto accanto a lei, coordinatore bresciano di Forza Italia e sindaco di Sirmione, dove non si pagano Imu, addizionale Irpef e tassa soggiorno. Un paese «tax free».
Toti punta il dito contro il Pd: «Non possiamo vivere nel loro congresso permanente. E da loro non ho sentito una sola voce contro la vergognosa decisione del presidente del Senato. Il Pd è in confusione; un giorno riconoscono Berlusconi come unico interlocutore delle riforme, un altro riprendono ad attaccarlo». Ma anche Toti dovrà guardarsi da attacchi.

«Non tutti nel partito vedono bene questa apertura ai partitini – lo avverte Romani – farai bene a dotarti di armatura ed elmetto quando andrai a Roma».

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