Il triumviro: «Volevo dimettermi, Bossi e Maroni mi hanno preso a male parole»

Il triumviro: «Volevo dimettermi, Bossi e Maroni mi hanno preso a male parole»

RomaCasa pagata dal partito (2.200 euro mensili) come benefit parziale, poiché Calderoli versa alla Lega 3mila euro al mese come contributo personale («Mi si infanga per aver avuto in dotazione da parte del movimento una casa-ufficio dal costo di 2.200 euro al mese, quando io ne verso mensilmente tremila di euro alla Lega nord»). Ma c’è un problema che vien fatto notare e che potrebbe tramutarsi in un’accusa precisa al coordinatore del Carroccio: evasione fiscale. Questa la parola circolata negli ambienti investigativi a proposito della casa vista Gianicolo di Calderoli. Ma che c’entra una presunta evasione fiscale? La ragione sta nel vantaggio fiscale che hanno le donazioni ai partiti (e quindi i donatori). La legge prevede infatti che si possa detrarre dalla dichiarazione dei redditi fino al 19 per cento delle somme regalate ad un partito politico. Se quindi, per fare un esempio, si girano 1.000 euro alla Lega nord, al momento di compilare il 730 si potranno detrarre 190 euro rispetto a quella somma (il limite massimo per le donazioni singole ai partiti è di 103mila euro). Nel caso di Calderoli i 37mila euro versati annualmente al partito permettono dunque un risparmio fiscale di circa 7.000 euro. Vantaggio che non ci sarebbe, evidentemente, nel caso in cui l’affitto dell’abitazione romana fosse pagato non dal partito (come benefit per la grande mole di lavoro svolta da Calderoli, e quasi a compensazione dei 3mila versati al movimento), ma dall’inquilino stesso, cioè appunto il triumviro Roberto Calderoli (che altrove non è in affitto ma ha un mutuo da pagare: «Comprare anche io diamanti? Io francamente devo pagare il mutuo della casa»).
La vicenda della casa di Calderoli pagata dal partito (fatto sconosciuto, peraltro, alla quasi totalità dei leghisti) è un mortaretto rispetto alle bombe che piovono sulla Lega quotidianamente, ma ha comunque fatto storcere il naso a parecchi. Ieri l’ex ministro ha giurato di «essere stato preso a male parole» quando ha rassegnato le dimissioni a Bossi, prima, e agli altri triumviri Maroni e Dal Lago, due giorni dopo. Eppure nei giorni scorsi nessun comunicato di vicinanza era arrivato da parte di Roberto Maroni, fino ad uno strano fuoco di fila di solidarietà da senatori e deputati, si dice sollecitato vivamente dallo stesso Calderoli (che si è poi detto «commosso» per quegli stessi comunicati). Il bergamasco non è l’unico ad avere la casa pagata dal partito (Bossi sta in affitto in zona Nomentana, 150 metri quadrati, a spese della Lega o sue?), certamente non è il parlamentare leghista che versa più soldi al partito (anche se ne dà più di Maroni, che si ferma a 29mila). Il più generoso è l’ex deputato Matteo Brigandì con 100mila euro, subito dopo il barbaro sognante Gianluca Pini con 74mila euro, poi il senatore Enrico Montani (70mila), quindi Luca Zaia con 67mila, e via a scendere. Unico parlamentare leghista che non compare nella lista dei contributi da «persone fisiche» è Umberto Bossi, fatto di cui si lamenta l’ex tesoriere Belsito nelle telefonate con la segretaria amministrativa Nadia Dagrada.


C’è poi il mistero della precedente casa romana di Calderoli, scoperta dal Fatto quotidiano, una torre antica verso la Balduina con piscina e giardino, abitata prima del 2010. Non si sa se pagata da sé oppure dalla Lega. Il bergamasco resta in sella al triumvirato, e oggi raccoglierà i suoi uomini ad Alzano (Bergamo), per un chiarimento con la base.

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