«Il turismo non è un caso a sé. Su di esso si scaricano le inefficienze del Paese come su tutti gli altri settori economici». Alberto Corti, responsabile del Turismo di Confcommercio, affronta il discorso in maniera non convenzionale. «A parità di mix di offerta culturale e balneare, la Francia è più cara dell'Italia. Il punto è che da noi il Paese scarica sul turismo costi che altrove non ci sono, o sono più bassi».
Può spiegarsi meglio?
«Il costo puro di una vacanza in Italia non si scosta da quello di altri Paesi europei. Quello che cambia sono tasse, imposte, balzelli di ogni tipo. Prima imputata è l'imposta di soggiorno. Poi ci sono tasse aeroportuali, tasse per l'ingresso col pullman nel centro storico, tasse speciali in aree protette, eccetera. Il loro ammontare è enorme».
Ci dica, quant'è?
«Mettendo tutte le voci in fila si arriva al 7% della spesa turistica».
Ma le tasse ci sono dappertutto.
«È vero. Ma da noi vengono scaricati sul turismo colpe e buchi amministrativi di tutto il sistema, a cominciare dagli enti locali. Un altro esempio è la bolletta energetica: un albergo italiano come qualunque fabbrica italiana paga il 20-30% in più elettricità e gas. I prezzi non sono disallineati all'origine, ma in Italia vengono caricati di una quantità di addizionali».
Anche la frammentazione dell'offerta alberghiera produce inefficienze.
«Fino a un certo punto. Non sempre nel turismo grande è bello. Anzi: proprietà familiari e dimensioni medio piccole sono un fattore di flessibilità, ovvero di difesa in caso di crisi».
Ma tutte queste realtà non dialogano tra di loro.
«È vero, non fanno rete. E dire che negli anni Sessanta e Settanta gli albergatori della Romagna e del Veneto furono i primi al mondo a creare consorzi per acquisti e servizi. Purtroppo ci siamo fermati lì».
Anche Internet sembra un'occasione perduta per il nostro turismo.
«È vero. L'intermediazione online, sempre più massiccia, genera business ma non per noi».
Cioè?
«I grandi portali al servizio del turismo non sono italiani.
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