Le banche chiudono lo sportello del credito in faccia alle aziende e alle famiglie. L’iniezione di liquidità erogata dalla Bce al sistema bancario si è tradotta per lo più in redditizi - per gli istituti, naturalmente - acquisti di titoli di Stato, anziché nel promesso sostegno all’economia italiana, che invece soffoca nella morsa del «credit crunch». Un termine ormai tristemente familiare a tutti i settori, dal commercio all’agricoltura.
Mai negli ultimi 14 anni, ricorda la Cgia di Mestre, i prestiti bancari erogati alle imprese hanno registrato una contrazione negativa così decisa: - 2,4% per le imprese e -1,6% per le aziende familiari. Allarme anche dalla Confesercenti, che in un’indagine segnala che per quattro piccole e medie imprese su dieci nel 2011 la stretta sul credito si è fatta più dura. Il 37% delle aziende denuncia «maggiori difficoltà» nell’accesso al credito da parte delle banche rispetto al 2010. Il 28,7% degli intervistati dice che le difficoltà sono da ricondursi a richieste di maggiori garanzie e all’aumento dei tassi di interesse. Che suonano come una campana a morto per troppe imprese e, peggio ancora, anche per troppi imprenditori.
«Di fronte ad una situazione diventata ormai eccezionale bisogna rispondere con strumenti eccezionali - commenta il segretario degli artigiani mestrini, Giuseppe Bortolussi - i suicidi dei due piccoli imprenditori di Venezia e di Taranto sono la punta dell’iceberg. Il sistema delle micro imprese rischia di non reggere l’urto della crisi. Spesso - sottolinea - questi imprenditori decidono di compiere un gesto estremo perché si vedono rifiutare dalle banche richieste molto modeste che non superano i cinque o seimila euro. Per interrompere questo bollettino di guerra, chiediamo al governo Monti di istituire un fondo a sostegno di questi casi estremi: probabilmente con un plafond di qualche decina di milioni di euro si potrebbe affrontare con successo questa drammatica situazione». E qui il ruolo dei Consorzi Fidi sarebbe indispensabile: «Grazie al loro radicamento sul territorio potrebbero garantire l’80% e, nei casi più disperati, addirittura il 100% dei prestiti richiesti».
Inoltre «ci appelliamo anche al governo Monti - conclude Bortolussi - affinché intervenga in tempi rapidissimi e recepisca la direttiva europea contro i ritardi dei pagamenti. Dobbiamo mettere fine a questo malcostume tutto italiano che sta gettando sul lastrico tantissimi piccoli imprenditori artigiani che si trovano a corto di liquidità anche perché non riescono a recuperare i propri crediti».
Se l’impresa piange, la campagna non ride: «Nel 2001 - sottolinea Coldiretti - sono aumentate di un terzo le aziende del settore agricolo e agroalimentare in sofferenza nel far fronte al pagamento di mutui, mentre si è fatta sempre più drammatica la stretta creditizia che fa venire meno la possibilità di garantire liquidità». Con un’eccezione, «i consorzi fidi che continuano a sostenere le imprese attraverso il rilascio di forme di garanzia». Anche Coldiretti, dunque, condivide il giudizio della Cgia di Mestre sull’opportunità di rafforzare il ruolo di questi strumenti di finanziamento dedicati alle piccole imprese.
Ma resta aperto l’interrogativo: perché le banche non utilizzano i cospicui finanziamenti ricevuti dalla Bce per sostenere il sistema produttivo italiano, come si erano impegnate a fare? «Useremo questa liquidità per finanziare imprese e famiglie», aveva dichiarato Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi, davanti ai parlamentari della commissione Bilancio della Camera, il 29 febbraio, quando la Bce ha immesso 139 miliardi di euro, al tasso dell’1%, al sistema creditizio italiano.
Che si sono aggiunti alla prima tranche di 116 miliardi, sempre all’1%, erogati a dicembre dall’istituto di Francoforte. In tutto, 255 miliardi, che avrebbero dovuto trasformarsi nell’attesa riserva d’ossigeno per il mondo produttivo e le famiglie: ma così non è accaduto, anzi, si è verificato esattamente l’opposto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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