di È il momento del coraggio delle affermazioni. Dire che, per la Carbosulcis e per le industrie energivore del territorio, forse è arrivato il momento di scelte difficili ma assolutamente necessarie per creare alternative di sviluppo economico per l'intera area.
Spendere altri soldi come si è fatto fino ad oggi non è una soluzione, ma la decisione di non scegliere e di spostare il problema più avanti solo di qualche mese. Ovviamente nel rispetto degli attuali lavoratori che non possono essere lasciati al loro destino, è indispensabile richiamare ognuno alle proprie responsabilità, la politica ha il dovere di proporre delle alternative credibili e a lunga scadenza, chiedendo a tutti la coerenza e l'impegno per la realizzazione. Garantendo al contempo le condizioni e la fattibilità di un serio piano di bonifiche nonché le risorse per le attività alternative. Risorse certamente molto inferiori rispetto alla quantità «industriale» di soldi sprecati fino ad oggi. Sono soldi di tutti i sardi e di tutti gli italiani quelli versati a flusso continuo da decine di anni per mantenere in piedi industrie decotte e senza una reale prospettiva. Non è arrivata improvvisa la notizia della chiusura di Alcoa, problemi di mercato, costo dell'energia, bubbone sardo e italiano, che non consente ad Alcoa di produrre l'alluminio ad un prezzo competitivo per il mercato mondiale, ma non è possibile né per Alcoa né per nessun altro alle condizioni attuali.
Fino a quando non si individuerà, con il contributo di tutti, dai lavoratori alle imprese, dalla politica ai sindacati, un modello di sviluppo basato sulle potenzialità alternative del territorio non si riuscirà mai ad uscire dal tunnel dell'assistenzialismo che ha purtroppo contaminato un'intera economia.
Responsabilità ne hanno tutti gli attori menzionati. I sindacati, che da anni chiedono sempre le stesse cose, senza rendersi conto che il mercato è cambiato e ha le sue regole, non si può chiedere di coprire all'infinito le perdite. La politica, che ha alimentato l'illusione di un piano che dagli anni Novanta avrebbe dovuto creare un nuovo mercato per i prodotti della miniera e che invece dopo gare deserte e inconcludenza rispetto agli obiettivi ancora oggi risulta incerto e fumoso.
Nonostante questo a partire dal 2007 sono riprese centinaia di assunzioni con impegni gravosi verso l'Enel e l'illusione di un futuro per i lavoratori e per tutta la comunità.
È necessaria coerenza dei vari livelli istituzionali, promettendo ciò che è lecito promettere e se necessario fare scelte impopolari ma con una prospettiva di crescita e sviluppo. I lavoratori, devono rendersi disponibili al dialogo e alla ricerca di un'alternativa, per sé e per i loro figli.
Tutte le imprese di tutti i comparti produttivi devono entrare nel dibattito e proporre soluzioni e collaborazione, facendosi parte attiva nella creazione del nuovo modello di sviluppo. Più di un anno fa lo stesso territorio faceva parlare di sé per la protesta di artigiani e commercianti, oggi la grande industria che sta chiudendo porta alla ribalta il dramma dell'occupazione di un territorio veramente stremato.
Le imprese e le organizzazioni dell'artigianato sono pronte a fare la loro parte.
* presidente Confartigianato Sardegna
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