Il sottosegretario ai Trasporti Erasmo De Angelis giura che la riforma del codice della strada si farà entro l'estate (come sempre). La nuova norma dovrebbe inserire importanti novità riguardo alla circolazione delle due ruote, che in Italia è in continua crescita, anche se lo «European cycling barometer» ci vede solo 15esimi nella classifica europea della ciclabilità. Tra le novità in arrivo anche la possibilità per le bici di andare contromano nelle strade urbane larghe almeno 4 metri, con parcheggio su un solo lato e in cui la velocità massima è di 30 all'ora. Una novità che spaccherà l'Italia. Inclusi i giornalisti del «Giornale». Qui trovate un parere pro e uno contro.
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È un'autentica follia inserire nel Codice della strada la possibilità per i ciclisti di andare contromano. A parte il fatto che, visto che la norma deve essere ancora varata, è chiaro che allo stato dell'arte chi pedala imperterrito contromano (a Milano è un'abitudine) vuol dire che commette una irregolarità ed è sanzionabile (mai visto, però, un vigile fare una multa).
Ma è anche pura demagogia (vero assessore al Traffico di Milano, nonche responsabile Mobilitá dell'Anci, Pierfrancesco Maran?) continuare a insistere nel voler trasformare le realtà italiane in piccole Londra, Parigi, Amsterdam, Copenaghen, eccetera. In quei Paesi c'è un'altra mentalità, esistono altre abitudini consolidate, c'è più educazione stradale e mezzi di trasporto.
E poi, nel caso di queste capitali, esiste un approccio ai problemi della mobilità diverso e non «politico» come accade in Italia, dove la lobby del velocipede è a senso unico, in pratica ama svoltare a «sinistra». E le amministrazioni comunali si piegano per non perdere voti.
A questo proposito anche il sottosegretario ai Trasporti, Erasmo D'Angelis, mi sembra sia stato colpito da una sorta di colpo di sole quando si mette a spiegare le ragioni che lo hanno spinto a sostenere il via libera a questo provvedimento. Contromano è pericoloso per tutti, e basta. Al primo incidente la colpa sarà dell'automobilista, c'è da scommetterci, anche se il pedalatore viaggiava «sparato», con le cuffiette o al telefonino, magari anche senza le luci accese di sera, senza le mani appoggiate al manubrio, e reduce dall'attraversamente di un incrocio con il rosso.
Non sto delirando e nemmeno odio i ciclisti (appena riesco anch'io faccio una pedalata e se vivessi a Milano con tutta probabilità il velocipede sarebbe il mezzo alternativo al tram o al metro per gli spostamenti in città).
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