Milano - L'unica cosa certa, come si dice nei casi più intricati, è che un feto umano di 4 mesi è stato trovato in un freezer a meno 80 gradi della Bicocca. Chi e perché ce l'abbia messo e come ne sia venuto in possesso è buio fitto, e nessuno al momento, tra professori e investigatori, riesce a formulare ipotesi. Ci prova il professor Angelo Vescovi a capo del gruppo di ricerca che dispone del macchinario: «Un sabotaggio contro i miei studi». Lasciando immaginare qualche gruppo religioso oltranzista.
Il macabro reperto è stato notato per la prima venerdì sera da un ricercatore e un laureando del dipartimento di bioscienze e biotecnologie, diretto da Marina Lotti. Stavano riponendo del materiale nel freezer, quando hanno visto una scatola di polistirolo. L'hanno aperta, scoprendo un sacchetto che custodiva «qualcosa» lungo un palmo. All'inizio non ci hanno fatto caso e hanno riposto il tutto ma ieri hanno informato la responsabile del dipartimento. A questo punto il contenuto è stato osservato con più attenzione, capendo che si trattava di un feto umano, all'incirca di 4 mesi. Poi portato per l'autopsia all'Istituto di medicina Legale di piazzale Gorini.
Più tardi il rettore Marcello Fontanesi, la prorettore per i rapporti internazionali Maria Luisa Lavitrano e la stessa Lotti hanno spiegato come in quel dipartimento i ricercatori facessero analisi su materiale cellulare, anche staminali, ma provenienti da individui adulti. Niente a che fare dunque con feti o cose del genere. «Non sono neppure autorizzati dalla legge - ha spiegato Fontanesi - per cui insieme a quella della magistratura ci sarà anche una inchiesta interna. E posso assicurare che se verrà individuata la responsabilità di qualche nostro studente o docente, questo non metterà più piede in Bicocca».
Perché un'altra cosa probabile è che chi ha messo il feto in quel freezer sapeva come muoversi in quei locali. I frigoriferi si trovano infatti al terzo piano, in stanze apposite dove è difficile accedervi senza farsi notare. Come ha sottolineato Marina Lotti. Stanze che però non contendo materiali pericolosi non sono protetti da sistemi d'allarme e da impianti di video registrazione. Le uniche telecamere sono all'ingresso dove si muovono quotidianamente centinaia di persone. «Del resto questa è un'Università dove va garantita la libera circolazione di studenti e professori» ha sottolineato Maria Luisa Lavitrano che però lascia aperto uno spiraglio alla ricerca di un indizio: «I freezer hanno una sorta memoria che registra eventuali sbalzi di temperatura, normali quando si apre e si chiude la porta». Dunque studiando questi rapporti forse è possibile individuare lo sconosciuto mentre ha deposto il feto nel frigo.
Nel mistero generale, l'unico ad azzardare un'ipotesi è lo stesso Vescovi: «È stato sabotaggio. Già due volte del resto sono stato oggetto di attacchi alle mie ricerche. Al San Raffaele e alla stessa Bicocca, dove i freezer nella mia disponibilità sono stati manomessi in modo di distruggere anni di ricerca». Vescovi si occupa infatti di ricerche sulle staminali oltre che alla Bicocca anche presso la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e il Centro Ricerche di Terni, studiando in particolare patologie degenerative e tumori del sistema nervoso.
Proprio venerdì avrebbe dovuto eseguire un trapianto su un paziente affetto da Sla, la sclerosi laterale amiotrofica. «E prima che compissi questo intervento, qualcuno evidentemente ha voluto colpire me e le mie ricerche.
Vorrei inoltre ricordare che in passato a causa della mia posizione sulle ricerca sulle cellule staminali e la legge 40, sono stato oggetto di minacce insieme alla mia famiglia». Un'ipotesi inquietante che lascerebbe immaginare l'oscura minaccia di qualche gruppo religioso oltranzista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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