«Uscire dall’euro non è una bestemmia»

«Uscire dall’euro non è una bestemmia»

RomaEppoi uno dice le smentite. Sono passati venti giorni esatti da quando il Cavaliere - dopo ore di estenuante pressing da parte di Alfano e Letta - aveva smentito di aver ipotizzato un’uscita dell’Italia dalla moneta unica o in alternativa la «pazza idea» di far stampare euro direttamente alla Banca d’Italia e rieccoci qui. I toni sono decisamente più soft e misurati, ma con la differenza che quella del primo giugno era una riunione a porte chiuse con deputati, senatori ed europarlamentari del Pdl mentre ieri Berlusconi ha parlato durante la presentazione di un libro davanti a telecamere e registratori. «Non credo sia una bestemmia l’ipotesi di uscire dall’euro, così da poter pensare a procedere con una svalutazione competitiva», dice l’ex premier. «La soluzione principale - precisa - è che la Germania si convinca che la Bce deve fare la banca di garanzia, pagare i titoli ed emettere moneta». Se così non fosse, «se Berlino dovesse insistere sulle sue posizioni negative», può «accadere o che gli Stati singoli ritornino alle monete nazionali, o che la Germania esca dall’euro». Il tono di voce è pacato e il Cavaliere ci tiene a dire che quella dell’uscita dalla moneta unica «non è un’idea balzana» visto che ne ha «parlato con alcuni esperti di finanza tedeschi» e sono d’accordo. Ma al di là dei modi - e delle successive rassicurazioni a Monti sul fatto che il Pdl sosterrà responsabilmente il governo sulla riforma del lavoro - solo ipotizzare l’addio all’euro è chiaramente un affondo non indifferente al punto che nel Pdl c’è chi parla di «toni da campagna elettorale». Di certo - nella continua altalena tra la linea della responsabilità e quella del governicidio - quella di ieri è una decisa «benedizione» ai cosiddetti falchi.
D’altra parte, pare che nella riunione notturna di martedì a Palazzo Grazioli il Cavaliere abbia usato toni durissimi contro il governo arrivando a ipotizzare che «dopo il Consiglio europeo del 28 giugno sarà necessaria una verifica». Cosa intenda Berlusconi per «verifica» non è chiaro, visto che un Monti bis magari con l’ingresso di personalità politiche non sembra una via percorribile e non vede i favori né del Pdl né del Pd. E quindi una «verifica» potrebbe essere il primo passo verso una crisi di governo e, magari, le elezioni anticipate. Di certo c’è che quella del Consiglio Ue è diventata una sorta di deadline. «Nonostante i molti punti che non ci convincono daremo leale sostegno al governo affinché Monti possa recarsi a Bruxelles con la riforma del lavoro approvata», assicura il Cavaliere lasciando la Camera. Poi, aggiunge, nel decreto sviluppo di luglio «il governo si è impegnato a fare delle modifiche».
E qui sta il punto, perché la sensazione è che dopo il summit europeo possa arrivare il «liberi tutti». Dentro il Pdl l’insofferenza verso il governo è infatti palpabile e l’unica ragione per la quale si è deciso di votare la fiducia sul lavoro è evitare di dare a Monti una scusa nel caso di un eventuale fallimento in quel di Bruxelles. Dopo il ddl anticorruzione, però, siamo alla seconda volta in due settimane in cui il Pdl annuncia «l’ultima fiducia a scatola chiusa» per poi rimangiarsi la parola. Ed è chiaro che una situazione simile difficilmente può durare a lungo.
Ecco perché il Cavaliere si è consultato con Frattini in vista del Consiglio Ue per poi chiamare Monti e invitarlo a puntare su garanzie dei crediti bancari nazionali ed eurobilds. «Speriamo torni a casa con dei risultati, altrimenti....», la butta lì Berlusconi allargando le braccia. Come a dire che «altrimenti» non ci saranno più scuse.
Si vedrà. Di certo c’è che il Pdl è sempre più in subbuglio.

Come dimostra la lunghissima riunione che si è tenuta ieri sera negli uffici di Cicchitto. Presente tutto lo stato maggiore: da Alfano a Fitto, passando per La Russa, Matteoli, Alemanno, Verdini, Gasparri, Quagliariello, Corsaro, Lupi e la Gelmini.

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