Mentre Bersani è al lavoro per «selezionare» i candidati blindati del listino del segretario, il Pd è costretto a fare i conti con il pasticcio delle primarie. La chiamata alle urne del Partito democratico per scegliere i candidati al Parlamento ha aperto una serie di contenziosi da Nord a Sud. E nel mirino di chi è rimasto fuori finiscono in toto le «primarie-truffa»: sotto accusa le regole, le quote di genere, i conteggi, la stessa scelta dei candidati per le «parlamentarie». I casi sono tanti, troppi. Ci sono i tre consiglieri regionali pugliesi Amati, Pentassuglia e Mennea che alla vigilia del voto, tagliati fuori dai giochi, si sono autosospesi dal partito chiedendo ufficialmente a Bersani il motivo dell'esclusione dalle «primarie Porcellum». C'è la spaccatura nel Pd di Sanremo, con coda di dichiarazioni al veleno, dopo che una doppia candidatura ha danneggiato i due esponenti del partito nella città dei fiori, Faraldi e Gorlero, premiando Donatella Albano di Bordighera, unica a conquistare un posto sicuro per la Camera. C'è il caso clamoroso di Bologna, dove Sandra Zampa, portavoce dell'ex premier Romano Prodi, arrivata sesta, avrebbe dovuto essere esclusa a favore del presidente dell'associazione vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, ottavo, per via delle regole sull'alternanza di genere decise dal partito a Roma. Ma invece di applicarle, le regole, si è fatta un'eccezione, discriminando al contrario e premiando la Zampa, sponsorizzatissima da Flavia Prodi. Per Bolognesi l'ultimo salvagente è un incerto posto nel listino di Bersani.
Aria di brogli a Napoli, dove un esposto spedito al segretario nazionale denuncerebbe gravi ombre sul voto del 29 dicembre. Soprattutto l'esuberante affluenza, quasi tre volte più alta rispetto alla media nazionale. Con un'anomalia difficile da spiegare: alle 18 il segretario provinciale del Pd aveva comunicato che i votanti erano 30mila. Tre ore dopo, quel dato è raddoppiato.
Altra figuraccia (riparata in extremis) a Livorno, stavolta alle primarie di Sel per il Senato. Vince Alessia Petraglia, secondo arriva l'ex mister Renzo Ulivieri, e per entrambi sembra spalancarsi il portone di Palazzo Madama. Ma poi un diktat romano stravolge tutto, infilando in cima alla lista Pape Diaw e Ida Dominjanni, pescati dal partito di Vendola senza passare per le primarie. Ci vuole una settimana di tensioni prima che Vendola faccia indietro tutta: Diaw finisce capolista in Veneto, la Petraglia e Ulivieri tornano in testa.
Ora l'attenzione è tutta sul centinaio di caselle del listino di Bersani. Al netto dei fedelissimi del segretario e dei nomi della «società civile», una quindicina di posti, forse più, dovrebbero andare ai renziani, dopo il coinvolgimento in campagna elettorale del sindaco di Firenze, la cui pattuglia dopo le primarie ammonta già a 34 unità. Rischiano e tanto i montiani.
Salvi Paolo Gentiloni e Giorgio Tonini, potrebbero restare fuori Stefano Ceccanti, Marco Follini, Enrico Morando e Alessandro Maran.E rischia pure l'unica omosessuale dichiarata del Parlamento, Paola Concia. Il Pd pugliese non l'ha voluta alle primarie, e il suo posto nel listino è ancora in forse.
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