E «cavernicolo» potrebbe trasformarsi in un complimento.
Pare infatti che i nostri antenati armati di clava fossero molto più intelligenti dei loro attuali posteri armati di iPad.
Insomma, il vero Homo (in)sapiens è quello che ogni mattina vediamo allo specchio e che ci riflette una stupidità genetica senza paragoni nell'era preistorica: epoca in cui di fessi ne giravano pochi, per il semplice fatto che i citrulli venivano molto democraticamente uccisi a colpi di pietra (nell'eta della pietra), a colpi di bronzo (nell'età del bronzo) e schiacciati sotto le ruote (nell'età della ruota).
Almeno così sostiene il professor Gerald Crabtree, un genetista dell'università di Stanford, in due articoli pubblicati dalla rivista Trends in Genetics.
Secondo il ricercatore, nel paleozolico (a differenza purtroppo di oggi) la «punizione per la stupidità» era molto più forte, e questo faceva sì che l'evoluzione selezionasse in modo molto più pressante gli individui migliori: «Se un cacciatore non riusciva a risolvere il problema di come trovare cibo moriva, e con lui tutta la sua progenie; oggi invece un manager di Wall Street che fa un errore riceve un cospicuo bonus e diventa un maschio più attrattivo. Chiaramente la selezione naturale non è più così estrema». Mitico professor Crabtree: l'insegnante di scienze che tutti avremmo desiderato a scuola, ma che nessuno ha mai trovato.
In estrema sintesi il Crabtree-pensiero è il seguente: «La nostra civiltà, moderna e super tecnologica, potrebbe portare ad una diminuzione dell'intelligenza umana»; con la conseguenza che «l'uomo del futuro sarà sempre più stupido». O, se vi fa piacere, meno intelligente.
Per trovare conferma alla tesi del professor Crabtree basterebbe accendere la televisione o guardare la nostra classe politica. Ma anche, più semplicemente, fare una semplice passeggiata.
La prevalenza del cretino è sotto gli occhi di tutti.
«Scommetto - aggiunge il nostro docente ideale - che se un cittadino medio di Atene del 1000 a.C. dovesse apparire improvvisamente in mezzo a noi, potrebbe essere più brillante e intellettualmente vivo, con una buona memoria, una vasta gamma di idee, e una chiara visione delle questioni importanti». Insomma, meglio di un governo tecnico...
Ma molti studiosi criticano il genetista di Stanford sostenendo che l'uomo non ha diminuito le sue facoltà intellettive, bensì le ha diversificate. E poi tenete conto che, negli ultimi 100 anni, il quoziente intellettivo medio è aumentato, tanto che lo stesso Crabtree lo conferma spiegando che questo è dovuto probabilmente ad una migliore nutrizione e una ridotta esposizione del cervello a inquinanti chimici come il piombo.
Ma il genetista Usa non indietreggia di un passo: «Gli ultimi studi hanno individuato da 2mila a 5mila geni legati all'intelligenza, e ogni generazione porta due o tre mutazioni. In assenza della selezione, gli ultimi 3mila anni sono stati un tempo sufficiente per inquinare il Dna di tutti».
Concludendo: «In rapporto all'uomo di qualche migliaio di anni fa la nostra intelligenza è sicuramente più debole. Per fortuna la società è invece abbastanza forte da contrastare l'effetto».
Ne è davvero sicuro, professor Crabtree?
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