di Francesco Forte
L'esultanza per il fatto che l'asta dei Bpt è andata bene è stata guastata da due notizie, che hanno raggelato gli entusiasmi. Lo spread sui Bpt è risalito rispetto a venerdì scorso portandosi verso 470 punti mentre Standard&Poor's ha valutato la decrescita del nostro Pil per il 2012 al 2,1% con un'altra flessione dello 0,4% nel 2013. E ciò è fra le cause per cui lo spread è salito, nonostante gli annunci della Bce di politiche di sostegno al debito italiano e il consenso a ciò (per altro non privo di codicilli) del cancelliere Angela Merkel.
La ragione del corto circuito fra ribasso del Pil e rialzo dello spread è che questa prolungata depressione comporterebbe problemi per il fisco, in quanto se per due anni di seguito i profitti delle imprese calano, l'occupazione si riduce e l'economia rallenta, calano le pubbliche entrate e aumentano le spese (per cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, aiuti alle aziende, assistenza). Solo il Pil della Grecia nel 2012 andrà peggio di quello italiano. Per la Spagna, che pure ha banche malate, la diminuzione del Pil nel 2012 è stimata all'1,7%. Per la Francia la stima è di +0,4 e per la Germania di +0,6. La media dell'euro zona, a causa del cattivo andamento di Grecia, Italia e Spagna nel 2012 avrebbe un declino dello 0,6%. Ciò però con una sostanziale stabilità o moderata crescita nel Centro Nord e depressione nel Sud. Sempre secondo Standard&Poor's è possibile anche uno scenario europeo peggiore con difficoltà nel Centro Nord che proietterebbero effetti sinistri sull'area Sud e in particolare sull'Italia che avrebbe una diminuzione del Pil del 2,3% nel 2012 e dell'1,3% nel 2013. Sommando il -2,3 e il -1,3 nel 2013 noi avremmo un Pil diminuito del 3,6 rispetto al 2011.
Tralascio le difficoltà di quadrare i conti pubblici (e quelli delle aziende e delle famiglie) che ciò genererebbe. Suppongo che non si verifichi l'ipotesi pessimistica di S&P, ma lo scenario che esso ritiene più probabile, con -2,1 nel 2012 e -0,4 nel 2013. E suppongono (ottimisticamente) che nel 2013 il traguardo di bilancio in quasi pareggio sia raggiunto senza nuove misure fiscali, mediante nuovi tagli di spese sufficienti per scongiurare l'aumento dell'Iva al 23%. Ma anche in tale caso, il nostro rapporto fra debito pubblico e Pil che ora è al 123%, nel 2013 non scenderebbe da tale alto livello. Ciò perché con Pil del 2012 diminuito in termini reali di 2,1 punti e il tasso di inflazione all'1,8%, il Pil nominale sarebbe pari a -0,3 sul 2011. Il deficit del bilancio del 2012 sarebbe circa lo 1,8% (ad andar bene).
Dunque un deterioramento del rapporto debito Pil sul 2011, che forse lo spinge verso il 124%. Nel 2013 il Pil sarebbe in termini reali minore di quello del 2011 di 2,5 punti. Con un tasso di inflazione di 3,6 nel biennio, il Pil nominale del 2013 sarebbe maggiore di 1,1 rispetto al livello del 2011 (3,6-2,5= +1,1 ). Il deficit (ad andar bene) sarebbe 0,8. Così, mentre ci sarebbe un deficit aumentato di quasi un punto, il Pil nominale risulterebbe aumentato di 1,1. Ergo, il rapporto debito Pil rimarrebbe fra il 123% e il 124%: un macigno non smosso nonostante i sacrifici imposti alla nostra economia.
Leggo da qualche parte che la politica del governo Monti sarebbe quella di una autentica destra. A me sembra che aumentare le imposte, come è stato fatto colpendo il risparmio immobiliare, non sia una politica economica di destra, se come tale si intende quella degli economisti liberali come Einaudi. Mi sembra anche che con questa politica si sia peggiorato, anziché migliorato il rapporto debito-Pil perché si è scatenata una depressione economica che non ci sarebbe stata o non in tali dimensioni, se si fossero tagliate le spese per un importo aggiuntivo di 11 miliardi (0,65% del Pil ) come quello ottenuto con tale nuova tassazione. Comunque, si doveva (e si potrebbe ancora) contrastare questa depressione con politiche di crescita, che per ora non si vedono.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.