VERSO LE ELEZIONI

«In una sfida tv posso stracciare chiunque perché io sono un uomo di fatti, non di parole»

nostro inviato a Piacenza

La rossa sulla terra rossa non sembra giocare fuori casa. Fiori, applausi, piccola folla in attesa per Michela Vittoria Brambilla, ieri a Piacenza, la più lombarda delle città emiliane, avamposto del collegio elettorale (l’Emilia Romagna, appunto) in cui si presenta la fondatrice dei Circoli della libertà. «Mandiamo a casa questo governo, e anche quello che comanda in questa regione», ha urlato dal palco in piazza Cavalli. Militanti e curiosi ad ascoltarla, a vederla da vicino perché ormai la signora è un personaggio. Giovani, donne, pensionati. Lei autografa magliette e si fa scattare decine di fotografie. L’Emilia non è una regione ostile e la Brambilla sembra a suo agio.
«Ho chiesto io a Silvio Berlusconi di essere candidata qui - dice -. I motivi sono diversi. Mia madre è di Forlì e in Romagna ho parenti e amici, trascorro molto tempo, conosco bene il territorio, la situazione, i problemi. Nel mio dna prevale il sangue romagnolo rispetto a quello lombardo di mio padre e sento questa terra come una seconda patria. Anche qui, dove fino a non molto tempo fa la sinistra si vantava di aver portato il benessere e costruito un sistema efficiente, la crisi si sente moltissimo. È tutto inceppato, i miei circoli avvertono una forte voglia di cambiamento nelle regioni rosse, credo sia ora di voltare pagina anche qui. E poi a me piacciono le sfide impossibili. Voglio impegnarmi al massimo in una zona che non è una roccaforte del centrodestra e dove c’è molto da fare».
A Piacenza, la città di Pierluigi Bersani, Michela Brambilla ha inaugurato un circolo che odora ancora di tinteggiatura fresca. Il nastro da tagliare è ovviamente azzurro, su una parete è appesa una gigantografia elettorale che ritrae lei immensa a braccia aperte, in sottofondo il nuovo inno «Menomale che Silvio c’è». Merito di un gruppo di volontari coordinati dal piacentino Luca Moschini, candidato dei Circoli in Veneto, che fu vicepresidente dei giovani di Confcommercio nei cinque anni in cui lei ne fu il numero uno.
La Brambilla arriva su una Mercedes 500 coupé trasformata in ufficio mobile. Parla di sicurezza, Alitalia, lavoro, tasse, «le armi per far vincere il Popolo della libertà anche in questa terra rossa». Attacca Walter Veltroni perché «per essere credibili non basta fare liste che sembrano un album di figurine Panini con l’imprenditore, il sindacalista, l’operaio, il precario». Critica il programma della sinistra «che da un lato è copiato dal nostro, e dall’altro è completamente all’opposto del programma del governo Prodi. Ma come fanno a ricandidare tutti i loro ministri in carica? A me la cosa che più dà fastidio di questa sinistra è proprio che vogliono far credere che con Prodi non c’entrano nulla. Anche a Ballarò hanno ripetuto che il governo uscente non ha alzato le tasse. Hanno una bella faccia tosta».


Ballarò l’ha fatta diventare un personaggio e la gente corre a darle suggerimenti: «Non deve rispondere a Colaninno», «Gli deve dire che segua le orme del padre», «Quelli della sinistra sono solo provocatori», «Ti vogliamo ministro». Qui è l’unica volta che Michela Brambilla scuote la testa: «Facciamo vincere Berlusconi e lasciamo che ci pensi lui».

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