Politica

Montezemolo a metà: in campo senza candidarmi

Il presidente della Ferrari pronto a sostenere una grande lista dei moderati

Montezemolo a metà: in campo senza candidarmi

RomaEppur si muove. Il «grande» progetto del «grande» centro avanza di centimetro in millimetro, ma solo a giorni alterni. Però non si può gettare tutta la croce sull'attore principale, la guest star Luca Cordero di Montezemolo, ché ancora tituba sull'accensione dei motori. Non si candida, ma forse neppure lo esclude. Lo pensa, però tentenna e accetta preghiere. Poi declina. Fosse una Ferrari, si sarebbe ingolfata da un pezzo.

L'inventore di Italia Futura e Italo treno pare del tutto incurante del fatto che le sue affermazioni (talora derubricate demitianamente a «ragionamenti») provochino ardori, speranze (e delusioni) in una vasta schiera di futuri fan. O i fantasiosi scenari di Pierfurby Casini. Il capo dell'Udc, per esempio, oggi dovrà buttar via gli ultimi brogliacci di ieri, nei quali aveva delineato una speranza (per sé più che per l'Italia): l'alleanza Montezemolo-Alfano, sorretta dall'Udc, ma rigorosamente «senza Berlusconi». Tutto svanito in un pomeriggio: colpa, stavolta, delle imperdibili anticipazioni del libro di Bruno Vespa (gran visìr anche del marketing editoriale). Peccato, perché in un colloquio di quasi una settimana fa, il patron della Ferrari pareva esser stato davvero perentorio. «Bisogna portare una ventata di aria fresca proveniente dalla società civile per rigenerare la politica. O adesso o mai più». Accantonati molti dei progetti alternativi, presumibilmente pessimista sulla possibilità che Renzi vinca la sfida di rinnovamento del Pd, Montezemolo esprimeva stima per Bersani, ma trovava che la sua formula di centrosinistra, qualora vincesse, «sarebbe una coalizione molto lontana dal riformismo di cui abbiamo bisogno: con la recessione in atto e i problemi sociali ed economici che abbiamo, non è pensabile che si possa gestire, con il 30 per cento dei voti, un Paese che non ama populismi ed estremismi di alcun genere».

Ben altra l'idea del presidente di Italia Futura. «La scommessa è di mettere assieme una grande lista civica nazionale con persone competenti, credibili, che si sono misurate nei diversi campi di attività e che vogliono dialogare con la parte migliore della politica. I protagonisti della Seconda Repubblica non possono essere gli interpreti della Terza, che dovrà essere una repubblica costituente in un clima di dialogo. Veniamo da vent'anni di scelte mancate, abbiamo bisogno di una ricostruzione morale e politica che non veda più gli uni contro gli altri. Il mondo non si ferma ad aspettare l'immobilismo italiano». Ancora una volta, però, il più immobile è sembrato proprio lui, Luca Cordero, rifugiatosi in una repentina smentita. «Quello con Vespa era un ragionamento, il presidente della Ferrari non ha cambiato posizione sulla sua candidatura, che non ci sarà. Mentre ha confermato la volontà di dare il suo contributo per vincere la scommessa di unire il mondo dei moderati», recita la velina trapelata dal suo staff.

Un po' di chiacchiere e distintivo, tutto qua. Nulla di molto diverso dal cammino altalenante e farraginoso del suo Manifesto per la Terza Repubblica, sottoscritto con il ministro Riccardi e il sindacalista Bonanni, che non sembra aver riscosso ola di folla entusiasta. Anzi, ha provocato anche l'allontanamento polemico di qualche teorico della prima ora, tipo Oscar Giannino con il suo laboratorio Fermare il declino, che l'ha trovato blando e deludente oltreché assai retorico sul governo dei tecnici, la cui esperienza viene assunta come un atto di fede. A questo punto, agli organizzatori non resta che sperare nella convention del 17 novembre e nel coup de théatre che potrebbe animarla: l'annuncio ufficiale di un leader. I salotti-guida dell'economia e finanza, da Bazoli in giù, fremono da tempo. Così se Montezemolo confermasse l'opzione per il «mai più», non resterebbe che Corrado Passera.

Un altro trascinatore di folle.

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