Vertice ad Arcore: «Subito a votare». Domani in piazza a Milano

diRoma «Tre condanne in un mese. Incredibile ma è tutto già scritto...». Chi ha occasione di sentire al telefono Silvio Berlusconi dopo la deposizione in aula al processo Mediaset non lo trova propriamente di buon umore. Il Cavaliere, infatti, sa bene di giocare quella che un senatore del Pdl di lungo corso non esita a definire «la partita della vita». Con le vicende giudiziarie dell'ex premier che mai come questa volta s'intersecano alle sorti della politica e, di fatto, del Paese. Nel mese di marzo, infatti, mentre i partiti trattano (e visti i numeri dovranno farlo) sulla nomina di presidente della Camera, del Senato e della Repubblica, Berlusconi andrà a sentenza con il processo Ruby, quello sull'intercettazione Fassino-Conosorte e il secondo grado dei diritti tv. Senza contare l'inchiesta di Napoli sulla presunta corruzione dell'ex senatore Sergio De Gregorio e altre «sorprese» in arrivo.
Ad Arcore, insomma, sanno bene che la partita politica - già da sola complicatissima - s'intreccia a doppio filo con quella giudiziaria, visto che una parte del Pd (quella che fa capo a Pier Luigi Bersani) vorrebbe chiudere un accordo con il M5S e dare così vita ad un governo di minoranza. Un'intesa che avrebbe come ragion d'essere quella di consegnare ai rispettivi elettorati la testa del Cavaliere. Berlusconi l'ha capito e sa che tra i punti programmatici con cui il Pd sta cercando di allettare Beppe Grillo non c'è solo il conflitto d'interessi o la legge anticorruzione ma pure un eventuale via libera del Senato se mai dovessero arrivare richieste di autorizzazione sul leader del Pdl.
Il livello dello scontro, dunque, rischia di farsi altissimo. Anche perché tutti gli ambasciatori presso il Pd hanno avuto la stessa sensazione: anche se c'è una buona fetta del partito che vorrebbe trattare per un governo di larghe intese, la verità è che oggi come oggi il Pd non ha la forza per muoversi in quella direzione. Dopo la botta delle urne, insomma, a Largo del Nazareno in pochi hanno il coraggio di mettere la faccia su un governissimo con l'odiato Cavaliere, pur sapendo che come soluzione sarebbe certamente meglio delle urne.
È questa la ragione per cui Berlusconi ha ritirato fuori l'ipotesi di tornare alle urne, perché l'ex premier inizia ad avere la sensazione che il Pd non sia in grado di fare altro che cercare l'intesa con Grillo. E visto che molto difficilmente l'M5S voterà la fiducia ad un governo Bersani la strada del ritorno alle urne sembra al momento una delle ipotesi più gettonate.
Ecco perché Berlusconi ha deciso la «mobilitazione permanente del partito». Un concetto ribadito ancora ieri pomeriggio ad Arcore, durante una riunione cui hanno partecipato tra gli altri Angelino Alfano e Mario Mantovani. Pur essendo la campagna elettorale finita, infatti, tutto farà il Cavaliere fuorché fermarsi. Domani dovrebbe partecipare ad un incontro in Corso Como per festeggiare la vittoria al Pirellone, mentre la prossima settimana è previsto un appuntamento a Villa Gernetto. Un Berlusconi movimentista in vista del 23 marzo, quando dovrebbe tenersi la manifestazione di piazza San Giovanni. La macchina del partito si sta muovendo e già si lavora su pullman, treni speciali e pure voli Ryanair. Obiettivo, almeno 800mila persone a manifestare contro «la magistratura di parte». Si dovesse tornare al voto, sarebbe quello il leit motiv della campagna elettorale.

Un tema su cui l'elettorato del Cavaliere è piuttosto sensibile se è vero che il Pdl in Puglia avrebbe guadagnato ben due punti dopo la condanna di Raffaele Fitto (arrivata a pochi giorni dal voto, la sera prima del comizio di Berlusconi a Bari).

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica